Tokyo, a scuola gli studenti parlano più dei prof
A scuola non si può esprimere la propria opinione. O meglio, non sempre e non tutti. Per esempio, negli Stati Uniti, agli studenti è concessa più libertà di opinione rispetto ai loro insegnanti che possono anche venir puniti se condizionano con le loro opinioni i ragazzi. Ne parla Walt Gardner sul Japan Times ricordando che una situazione analoga si verifica in Giappone. Chiedendo un maggior equilibrio e reciprocità. Mettere il bavaglio agli insegnanti vuol dire anche privarsi di punti di vista su cui riflettere.
L’intero Giappone si interroga, sotto choc, chiedendosi in quali abissi di follia possa essere precipitata la mente di Satoshi Uematsu, il ventiseienne che nella notte tra lunedì e martedì è entrato in un centro per disabili di Sagamihara, a 50 chilometri da Tokyo, uccidendo a coltellate 19 persone e ferendone 26, alcune in modo grave. Uematsu, che per diversi anni aveva lavorato come addetto in quello stesso istituto, lo scorso febbraio, aveva inviato una lettera al presidente della Camera bassa per illustrare la sua idea della convivenza umana. Il giovane aveva diligentemente scritto come il suo «obiettivo» fosse «un mondo in cui, in casi dove è difficile per esseri umani gravemente disabili di vivere in maniera autonoma ed essere utili alla società, sia possibile praticare loro l’eutanasia con il consenso del tutore».
In conseguenza di queste farneticanti parole, Satoshi Uematsu era stato sottoposto all’equivalente del trattamento sanitario obbligatorio in un ospedale psichiatrico della cittadina. Ma dopo due settimane, il medico che lo aveva in cura aveva deciso di dimetterlo perché appariva «migliorato».
Evidentemente, l’idea eugenetica — che insegue l’umanità dall’alba della cultura — si era fissata in lui in maniera inestirpabile. Così, aveva pensato di rompere una finestra ed introdursi nel centro Tsukui Yamayuri En, vestito di nero, i capelli tinti di biondo, una sacca a tracolla con armi bianche raccattate in cucina. E cominciare la sua folle mattanza «per il bene dell’umanità». Quanto successo in Giappone costringe a riflettere sul senso della responsabilità
della prefettura di Kanagawa, da cui dipende Sagamihara, ha offerto le sue «sincere condoglianze e le scuse» alle famiglie delle vittime. In verità, questa strage, la più sanguinosa dalla fine della Seconda guerra mondiale in Giappone, ci pone tutti di fronte a interrogativi sul senso della responsabilità — Uematsu poteva essere fermato prima? — e del mistero della mente umana. Per volontà o per follia, sono comunque troppe le persone che incontrano una morte violenta per mano di un altro uomo.