L’intervento del presidente del Comitato direttivo della manifestazione nata nel 2012 Il modello (vincente) di BookCity e le tentazioni del Salone milanese
Nell’ampio dibattito sul «Salone del libro a Milano», sembra assente o relegata sullo sfondo come vicenda minore BookCity: la manifestazione dedicata al libro, alla lettura che da cinque anni, con crescente successo, colora ed impegna il novembre milanese, letteralmente invadendo con i suoi eventi la città e l’area metropolitana.
La richiesta di un’iniziativa per i libri a Milano non è di oggi. Periodicamente si ripropone. Cinque anni fa fu oggetto di approfondite riflessioni, plurimi incontri e riunioni. Grandi e piccoli editori furono coinvolti. L’Associazione Italiana Editori con il Presidente di allora era ben presente.
Nacque così BookCity, con una formula originale, come operazione di sistema che vedeva coinvolto tutto il mondo editoriale, l’intera filiera del libro, l’assessorato del Comune alla Cultura. Una manifestazione affidata, sotto il profilo organizzativo, alle Fondazioni legate al mondo editoriale (Corriere, Feltrinelli, Mauri, Mondadori), ma con un carattere istituzionale. Una collaborazione pubblico-privata virtuosa. A sottolineare il carattere ed il ruolo di BookCity si decise che nella serata inaugurale il sindaco di Milano consegnasse le chiavi della città ad un grande scrittore volta a volta prescelto.
Alla base di BookCity vi era, e vi è, un disegno preciso: una grande mobilitazione capillare e diffusa di editori, autori, operatori in genere del settore librario, lettori, istituzioni culturali, scuole e università comprese. Una manifestazione non calata dall’alto, ma capace di stimolare iniziative dal basso. Attorno ad un centro, carico di valore simbolico — il Castello Sforzesco — BookCity si articola nella presenza in una fitta rete di luoghi. Dai maggiori teatri alle biblioteche rionali, dalle università ai musei cittadini, dalle librerie ai supermercati, dai più vari centri culturali ai luoghi di lavoro, dalle strade alle metropolitane, dalle carceri agli ospedali. E poi, e forse soprattutto, centinaia e centinaia di scuole.
La formula è riuscita. Si è così giunti a quasi un migliaio di eventi in centinaia di luoghi a Milano e nella città metropolitana. In questa folla si discute con i lettori, per i lettori, con i cittadini, con i giovani e gli anziani, con gli addetti ai lavori e con chi con i libri non ha familiarità, con i bambini che il libro si accingono a scoprire. Ed i libri sono pure diffusi, scambiati, anche venduti, ovviamente. I numeri: gli eventi quasi un migliaio, i luoghi coinvolti circa duecento, i partecipanti circa 150 mila.
Del successo è testimone pu- re lo spazio dedicato dai media: spazio dedicato per la rilevanza dell’evento, si badi, e non per effetto di massicci investimenti pubblicitari. I costi, modesti: un budget di circa 350 mila euro. Tanto volontariato, tanta autoproduzione di eventi.
Quando si evoca, come modello per la nuova manifestazione sul libro, il Salone del mobile ed il fuori salone, quando si evocano (così l’amministratore delegato della Fondazione Fiera) numerosi e decentrati «sedi e spazi per iniziative ed incontri», l’utilizzo delle reti di librerie indipendenti e non, «un momento commerciale Oggi la decisione degli editori Oggi sarà il giorno della verità. In mattinata si riuniscono gli organi direttivi dell’Aie (Comitato di presidenza e Consiglio generale) da cui dovrà uscire una decisione riguardo ai due progetti: da un lato quello di Torino, che prevede che il Salone si svolga ancora al Lingotto dopo la rinegoziazione del contratto con GL Events (da 1 milione 200 mila euro a 600 mila), dall’altro quello elaborato da Fiera Milano (200 mila euro). Ieri da Torino è arrivato l’appello dell’assessore alla Cultura del Piemonte Antonella Parigi («I costi non sono tutto: Torino, con la sua esperienza trentennale, può offrire molto di più») e il sostegno di Itedi , la società editrice della «Stampa» che ha annunciato una sponsorizzazione di tre anni e la collaborazione di Massimo Gramellini, direttore creativo della società. con una serie di iniziative, inaugurazioni, aperture speciali», quando si parla di un «modello diverso dal Fuori Salone del Mobile»… più «spontaneo (con) meno aperitivi e più contenuti» si descrive un déjà vu, si ricalca in larghissima misura, appunto, BookCity.
Una nuova iniziativa, allora, o il desiderio da parte di «istituzioni forti», di mettersi alla guida (certo con tutti i ritocchi del caso) di una macchina, di una manifestazione già ben rodata? Un qualcosa che si aggiunge o che sostituisce o, ancor meglio, cannibalizza iniziative pur milanesi?
Nessuno pretende di impedire o di autorizzare alcunché. Basta sapere, dove si va, cosa si vuole. Sarebbe bene evitare che l’ansia del generico nuovo distrugga il buono che c’è. Parlare genericamente di sinergie con BookCity vuol dire poco o nulla. Occorre parlare chiaro, molto chiaro. Basta forse un po’ di stile e per chi si avventura nel mondo dei libri lo stile conta. E lo stile, come una policy che non spreca, avrebbe voluto che, prima di lanciare una nuova iniziativa, ad un tavolo potessero sedersi, per un discorso tra pari, i nuovi organizzatori e chi una felice esperienza ha già vissuto. Con l’assessore garante e coordinatore.