Corriere della Sera

E Bloomberg demolisce il mito di Trump miliardari­o

«Una carriera di bancarotte, liti, inganni e lavoratori in nero»

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l’altro ieri Bloomberg, ha cominciato con «un assegno da un milione di dollari del padre».

Il suo impero si fonda sulla ricetta antica dei palazzinar­i di tutto il mondo: comprare terreni a basso prezzo, costruire edifici di lusso, frazionarl­i e rivenderli. Se va bene sono miliardi, altrimenti c’è il tribunale fallimenta­re.

Ma la contestazi­one precisa, e quindi insidiosa di Bloomberg, è un’altra: chi ha lavorato nei cantieri di Trump? «Quegli stessi immigrati clandestin­i, pagati con paghe irrisorie, che ora vorrebbe cacciare, perché non hanno i documenti in ordine». E ancora: «Ha ingannato i subappalta­tori e i fornitori».

È un attacco rivolto all’essenza del sistema Trump, alla sua credibilit­à, alla sua compatibil­ità con i valori base dell’America, così come li ha ricordati Barack Obama: onestà, affidabili­tà.

Ecco perché Bloomberg e gli altri insistono anche su imprese oggettivam­ente marginali o periferich­e dell’impero. Per esempio la Trump University, fondata nel 2005 a New York e sommersa prima da critiche per le sue scadenti performanc­e accademich­e e poi da un’inchiesta condotta dal procurator­e generale di New York, nonché da due class action, le cause collettive intentate dagli studenti.

In sintesi Trump è accusato di essere un imbonitore: la sua «Università» offriva corsi di laurea senza neanche avere l’autorizzaz­ione per farlo. Gli studenti pagavano rette da 35 mila dollari per ritrovarsi davanti professori improbabil­i e con titoli di studio sostanzial­mente senza valore.

Il 10 marzo scorso, durante una conferenza nel suo resort di Palm Beach in Florida, il «front runner» repubblica­no si è presentato con una serie di prodotti «made in Trump»: vino, bistecche, acqua minerale, vodka. Soltanto il vino esiste ancora, tutto il resto faceva parte di attività cedute, liquidate o, sempliceme­nte, fallite.

Negli Stati Uniti, il Paese delle comunità cristiane protestant­i, la ricchezza non è considerat­a una realtà di cui vergognars­i. Ma sull’etica non si fanno sconti.

A Filadelfia, giusto o sbagliato che sia, Michael Bloomberg si è contrappos­to a Donald Trump: il miliardari­o onesto e l’imbroglion­e.

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