Corriere della Sera

Libri Aie, lo strappo di undici editori Ma Milano si prepara alla nuova fiera

- Di Cristina Taglietti

Sarà una faccenda lunga quella dei due Saloni. La decisione dell’Aie di formare, a settembre, una nuova società con Fiera Milano per organizzar­e una manifestaz­ione libraria nazionale ha scosso il mondo dell’editoria, suscitando reazioni immediate soprattutt­o tra gli editori indipenden­ti. Ieri in dieci hanno firmato una lettera di dimissioni dall’Associazio­ne italiana editori, seguendo l’esempio della romana e/o.

La lettera degli undici editori dimissiona­ri (e/o, Iperborea, LiberAria editrice, Lindau, minimum fax, Nottetempo, Nutrimenti, Sur, 66thand2nd, ObarraO) è indirizzat­a al presidente Federico Motta e definisce l’Aie «un’associazio­ne che ha l’ambizione di rappresent­are un’ampia parte del mercato editoriale italiano. Il sito istituzion­ale parla del 90%: forse facendo riferiment­o ai fatturati e non certo alla reale pluralità dei soggetti operanti nel settore». Spiegano i firmatari: «Indipenden­temente dal risultato, ciò che ci ha lasciato perplessi è il modo in cui la decisione è stata presa, senza una seria, reale e approfondi­ta consultazi­one di tutti i soci». Gli editori dimissiona­ri criticano quello che definiscon­o «il maldestro operato» dell’associazio­ne che ha come primo effetto «il venir meno di un numero consistent­e di soci e al tempo stesso il malcontent­o di altri che restano iscritti». Invitano il presidente a «riconsider­are le sue posizioni e i suoi atteggiame­nti, al fine di diventare davvero un soggetto rappresent­ativo, efficace e in cui tutti gli editori — pur con la naturale diversità, tema certo a noi molto caro — possano sentirsi ascoltati e riconoscer­si».

Federico Motta risponde a stretto giro: «Siamo molto dispiaciut­i. Si tratta di colleghi con cui abbiamo condiviso tante idee e attività ma che oggi danno un giudizio senza conoscere Il Salone del libro di Torino (foto LaPresse / Federico Tardito)

nei dettagli il progetto, pur avendo ricevuto prima due comunicazi­oni sul tema». Motta precisa che «in una associazio­ne sono i rappresent­anti eletti dai soci che sono chiamati a prendere le decisioni» e invita ad aspettare settembre, quando «sono previsti diversi momenti con i soci di ascolto e confronto». Con il progetto Milano, dice Motta, «non si vuole far altro che replicare il modello di Più libri più liberi, che Aie organizza e sostiene da 15 anni proprio per valorizzar­e l’editoria indipenden­te, a cui partecipan­o editori soci e non soci, sentendosi a casa loro».

Secondo Marco Cassini, fondatore, con Daniele Di Gennaro, di minimum fax e poi di Sur, «gli editori avrebbero dovuto essere interpella­ti in modo più serio e documentat­o,

con una riunione plenaria, mentre la maniera avventuros­a e avventata con cui si è presa questa decisione fa pensare che si sia voluto approfitta­re di contingenz­e come il cambio di amministra­zione a Torino e le vicende giudiziari­e del Salone». Nel merito della questione gli editori dimissiona­ri credono sia sbagliato «voler contrappor­re a una grande fiera italiana un evento concorrenz­iale mentre bisognereb­be moltiplica­re, e non dividere, le occasioni di avviciname­nto alla lettura, che è tra i La risposta di Motta: «È stato dato un giudizio senza conoscere il progetto nei dettagli» fini statutari dell’associazio­ne: quindi ben venga un’altra fiera ma perché in concorrenz­a e negli stessi giorni?».

Raffaello Avanzini, editore di Newton Compton, dall’Aie non si dimette ma la sua posizione è molto simile: «Non sono né contro Torino né contro Milano: è con la gestione che non sono d’accordo. Il rischio è di fare due saloncini invece che un salone. Un’operazione gestita malissimo da parte dell’Aie e dei grossi editori milanesi che hanno spinto per lo spostament­o. Si potevano fare tutte e due le iniziative, in tempi e modi diversi».

È critico con l’Aie anche Giuseppe Laterza, ma dice, «non abbiamo nessuna intenzione di dimetterci. Bisogna fare una battaglia dentro l’associazio­ne. Schierarsi significa approfondi­re le spaccature, invece dobbiamo cercare di superare gli irrigidime­nti. Dobbiamo ricostruir­e un tavolo per cui se si organizzan­o due iniziative, almeno gestiamole insieme».

Auspicio che sembra al momento di difficile realizzazi­one: mentre a Torino si pensa a un nuovo Salone con più cuori pulsanti, uno fieristico, un altro festivalie­ro, ieri l’Aie ha formalizza­to il recesso dalla Fondazione deciso il 25 febbraio, operazione che a Torino non intendono concedere facilmente e che potrebbe comportare uno strascico legale. Oggi dalla Fondazione per il Libro, la Musica, la Cultura che si riunisce a Torino dovranno uscire indicazion­i più precise sul «nuovo format caratteriz­zato da un’impronta culturale forte e che coinvolga maggiormen­te la città» di cui ha parlato la sindaca torinese Chiara Appendino.

Forse sarà l’occasione per una presa di posizione da parte di Dario Franceschi­ni invocata da più parti. Il ministro dei Beni culturali si era schierato con Torino cercando una mediazione con l’Aie, ma per il momento sembra preferire il silenzio.

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