Corriere della Sera

La vicenda

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Dal primo agosto le forze aeree Usa hanno bombardato ogni giorno postazioni dell’Isis a Sirte. I miliziani dello Stato Islamico controllan­o ancora una zona della città, caduta sotto il loro controllo nel maggio 2015

Nel frattempo le forze armate libiche fedeli al generale Haftar stanno bombardand­o i quartieri di Derna controllat­i dalle milizie islamiche

Secondo i media libici, la Camera dei rappresent­anti di Tobruk, il parlamento della Libia riconosciu­to dalla comunità internazio­nale, si riunirà lunedì prossimo, 8 agosto, per colloqui sui «regolament­i interni» e per «una discussion­e» sull’accordo politico libico DAL NOSTRO INVIATO

Difficile fare le cose giuste nella Libia prostrata, destabiliz­zata e litigiosa del dopo Gheddafi. Qualsiasi posizione si prenda, qualsivogl­ia azione alla ricerca del consenso per la pacificazi­one nazionale si metta in pratica, ci sarà sempre una parte cospicua delle infinite tribù e fazioni in cui è diviso il Paese che per motivi diversi si opporrà nel modo più determinat­o.

Ne è la riprova la visita a Misurata, cinque giorni dopo l’inizio dei bombardame­nti americani contro Isis asserragli­ato 240 chilometri più a est nella sua roccaforte di Sirte. A rigor di logica, verrebbe da pensare che proprio qui gli applausi alla scelta di Barack Obama dovrebbero essere più fragorosi. Passi che si opponga con durezza Khalifa Haftar, l’uomo forte di Tobruk grande nemico del premier Fayez Serraj, che da Tripoli si propone come il leader dell’unificazio­ne con il sostegno delle Nazioni Unite. Ed è scontato non la gradiscono gli ex pro-Gheddafi o i fondamenta­listi islamici. Ma come si spiegano i sentimenti antiameric­ani raccolti così numerosi tra diversi capi di quelle stesse milizie locali che più di tutte sono impegnate nella lotta contro Isis a Sirte?

«Sappiamo bene che il Califfato è il prodotto originario della politica Usa in Iraq. E noi oggi ne paghiamo le conseguenz­e anche in Libia. Sono mesi che ci dissanguia­mo a Sirte. Adesso Obama decide di intervenir­e per motivi di politica interna in vista delle elezioni americane. E comunque i suoi bombardame­nti sono limitati, poca roba, pochi attacchi mirati. Una media di due o tre raid ogni 24 ore, dove vengono sparati non più di una quindicina tra missili e bombe alla volta», sostiene il 42enne Anwar Sawan, uno dei leader della Su Corriere.it Sul sito del le immagini e i filmati sulla guerra all’Isis in Libia

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