Gli Sneet, single e felici, conquisteranno il mondo
iamo sempre più un popolo di single e, in particolare di single che l’amore neanche lo cercano. Secondo un’analisi della Coldiretti sul censimento Istat 2015, gli italiani soli sono quasi sette milioni e 700 mila, il 41 per cento in più rispetto a dieci anni fa. Se n’evince che la singletudine, da condizione transitoria, va involvendo in strutturale. Digiti su Google «single e felice» e vengono fuori tre milioni di risultati. A voler parafrasare l’acronimo Neet – quello sui giovani che non studiano, non lavorano, non cercano un impiego, che sono Not in Education, in Employement, in Training – sta crescendo la popolazione degli Sneet: Single Not in Engagement, in Expecting, in Toying. Più o meno: né fidanzati né a caccia né in flirt. Una folla che preferisce una serie tv o un libro sul divano piuttosto che uscire e, potenzialmente, conoscere un partner. Anni fa, la psicologa Umberta Telfener aveva teorizzato gli «amori briciola», in cui si dà pochissimo all’altro. Oggi, non ci si dà e basta. «Abbiamo paura di mostrare le emozioni, di sembrare deboli, di soffrire», spiega Telfener. I single coriacei sono diffidenti e superselettivi. Sono capaci di non concedere neanche un primo caffè. Pensano che «in due è meglio» solo se l’altro gli aggiunge qualcosa. «L’altro» da qualche parte ci sarà, ma è un Pokémon raro, uno Zapdso o un Mewtwo che riconosci al primo sguardo o pazienza. Il resto, sono seccature evitabili, come scarpe altrui in cui inciampi nel tuo ordinatissimo salotto. Tuttavia, sarebbe meglio essere single aperti a qualche evenienza, «perché è solo nel confronto con l’altro che miglioriamo noi stessi e ci evolviamo», dice Telfener. Se ne discute nella 27esima ora (27esimaora.corriere.it), aspettando la tre giorni del Tempo delle donne, in Triennale a Milano, dal 9 settembre. Se ne discute, con un occhio alla ricetta della sociologa Brené Brown, diventata una star per i suoi studi sulla vulnerabilità. Una parola che, in tempi incerti in cui tutti ambiscono a sentirsi forti e bastarsi da soli, molti considerano desueta. Ma chi non accetta le proprie fragilità, non consente all’altro di avvicinarlo e di incontrarlo. Resta uno Sneet. E qualcosa, forse, si perde.