Cinque medaglie con Greg e Tania
Medaglie storiche a Rio. Con Gregorio Paltrinieri — oro nei 1.500 di nuoto — e Niccolò Campriani che si ripete trionfando nella carabina. Nei 1.500 c’è poi il bronzo di Gabriele Detti, stessa medaglia per Tania Cagnotto nei tuffi, che chiude così una super carriera. Sul podio anche la squadra di spada.
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Greg olimpionico è sempre un giro avanti a tutti, in vasca e fuori: «Non è finita qua», raccontava ieri totalmente padrone della situazione davanti a mille microfoni. «Ora sto già pensando a ciò che potrò fare in futuro». Un classico del personaggio, che non dorme mai e adesso passerà qualche giorno a Rio, si vedrà il Dream Team di basket, andrà in vacanza, farà il giurato a Miss Italia il 10 settembre (lo status di famoso lo richiede) e poi tornerà in vasca per un nuovo viaggio: «Il record del mondo? Arriverà, ce l’ho nella braccia».
Ormai il campione è fatto, e anche l’uomo. La sua costruzione ha avuto due momenti fondanti. Il primo è il Mondiale di Kazan, un anno fa: il diavolo Sun Yang scompare all’improvviso sul blocco, l’angelo Paltrinieri si trova solo, costretto a diventare adulto e cattivo in un quarto d’ora.
Il record del mondo Detti fratello di bronzo
Greg è diventato grande: «Non mi fermo qui, il record del mondo è nelle mie braccia» Il livornese ottiene un altro 3° posto: «Abbiamo imparato a conoscerci e a volerci bene» «Ho avuto paura — disse dopo l’oro — ho capito che dovevo fare da me». Il secondo sono i campionati italiani di Riccione lo scorso aprile: Greg era in straforma, puntava al record del mondo, è uscito con un 14’42”91 che gli fece dire «ho fatto schifo» e poi a mente fredda: «È stata una lezione. Lì ho capito che non devo ammazzarmi psicologicamente. E che non è scontato che io debba fare grandi cose sempre».
Il controllo della tensione data dal ruolo di favorito e la gestione degli umani attacchi di «ubris» erano gli ultimi anelli che mancavano alla definizione del fuoriclasse. Paltrinieri ha realizzato l’opera proprio nel giorno più importante della sua carriera. Non è stato facile. Ha dovuto lottare con l’aspettativa, quel senso di dovere vincere a tutti i costi che ha stroncato più di un campione. Valentino Rossi — un tipo per molti aspetti simile a Gregorio per la leggerezza, il fascino naturalmente pop e la ferocia agonistica — un giorno simboleggiò tutto questo con la gag della palla al piede: era l’atleta condannato a vincere. Greg sa bene che cosa significa: «Mi sono tolto un peso da diecimila chili: erano tutte quelle aspettative, mie e degli altri. Per farcela ho dovuto escludere le emozioni e capire che le insicurezze possono fare bene. Ecco perché sono doppiamente contento». Ed ecco perché questa per Greg non è solo una medaglia d’oro, ma un romanzo di formazione arrivato alla fine.
Lo stesso si può dire di Gabriele Detti, che in tutta la vicenda ha ovviamente un ruolo fondamentale. Non solo per il rapporto umano che li lega e che dopo il bronzo gli ha fatto dire che «l’amicizia è il rispetto sono alla base di tutto. Io e Greg abbiamo imparato a conoscerci e volerci bene», ma soprattutto per quello tecnico. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile infatti senza il lavoro di coppia nel laboratorio del Centro federale di Ostia. Dal 2011 G& G si allenano insieme sotto la guida illuminata di Stefano Morini e il livello del loro lavoro è talmente alto — in qualità e quantità — che le gare ormai devono sembrare loro una passeggiata. Ed è nota ormai la storia del Moro che spesso li deve separare per evitare che vadano fuorigiri. La cosa stavolta è accaduta addirittura da luglio: divisi per poi riunirsi nell’abbraccio finale in vasca, fratelli di passione 21enni separati alla nascita da una sola settimana.
È così che Paltrinieri e Detti hanno realizzato la seconda doppietta del nuoto azzurro ai Giochi dopo quella di Domenico Fioravanti e Davide Rummolo nei 200 rana a Sydney. Quella, con le tre medaglie di Rosolino e l’altra di Fioravanti da solo, è la cima olimpica più alta mai raggiunta dall’Italia. Anche questa però resterà indimenticabile. E magari, a guardare il sorriso di Greg, pure replicabile a Tokio: «In fondo, non ho neanche 22 anni…».