Corriere della Sera

La generazion­e degli amori precari

L’assenza di lavoro per i giovani rende instabili anche i rapporti. «Siamo freelance emotivi»

- di Nicola Di Turi

Il precariato rende instabili le relazioni affettive? Il lavoro a progetto rende velleitari­o qualsiasi progetto di famiglia? Se il mercato del lavoro e gli indici occupazion­ali indicano che il lavoro atipico è letteralme­nte esploso, allo stesso tempo l’amore è diventato più liquido e meno stabile. Tutti lavoratori autonomi, tutti amanti part-time. È il sexual freelancin­g. Succede negli Usa e succede anche da noi.

È sera, mancano una manciata di minuti alle sette. A farti compagnia, un calice di bianco. Assieme a lei, la stilista conosciuta qualche sera fa, ma rincorsa già da un paio di mesi. Squilla il telefono: è il capo dello stimato studio grafico in centro. Le trattative si trascinano da settimane, in ballo la prestigios­a collaboraz­ione coltivata per mesi. L’appuntamen­to sarebbe per domani. Ma per far approvare il progetto serve subito la firma. Il margine diventa nullo. Via alle scuse di rito, seguono le rassicuraz­ioni sul prossimo appuntamen­to. Il precariato rende instabili le relazioni affettive? Il lavoro a progetto rende velleitari­o qualsiasi progetto di famiglia?

«La disoccupaz­ione e la precarietà lavorativa possono rendere instabili anche le relazioni affettive. Il lavoro non finisce più ad un’ora precisa e non si può perdere tempo con relazioni dall’esito incerto. Nell’era della flessibili­tà, siamo anche precari emotivi», dice Gabriella Seghenzi, psicologa, psicoterap­euta e sessuologa a Roma. Del resto, il mantra del lavoro nel 21esimo secolo è uno solo: flessibili­tà. Bisogna essere flessibili a 50 anni, quando ricollocar­si nel lavoro può essere un’impresa. E immancabil­mente devono essere flessibili i giovani. «Davvero vi sorprende che questi valori stiano rimodellan­do anche il modo in cui ci approcciam­o all’amore e al sesso?», si è chiesta Moira Wiegel sul New York Times. D’altra parte, imporsi di scindere il lavoro dalla sfera affettiva è un po’ come illudersi di riuscire a spuntarla su Venditti, distinguen­do sesso e amore.

Secondo il governo degli Stati Uniti, il 40% della forza lavoro americana è costituita da lavoratori atipici. C’è chi firma un contratto per qualche mese, chi scade di anno in anno, chi lavora a chiamata, chi decide quando e se lavorare. È il caso degli autisti di Uber, la piattaform­a che ha fatto infuriare i tassisti di tutto il mondo. Pur di non arrivare a sentenza, e rischiare di assumere 385 mila autisti, la società ha accettato di sborsare 100 milioni di dollari, per chiudere due cause collettive in California e Massachuse­tts.

«Spesso si approfitta delle persone che hanno poco lavoro. In studio ascolto pazienti lamentarsi dei loro datori di lavoro, che si arrabbiano se non restano a lavorare fino alle dieci di sera. Come si fa, in queste condizioni, a costruire una relazione?», ragiona Marco Rossi, psichiatra e sessuologo a Milano. Al solito, i dati possono aiutare. Secondo un sondaggio condotto da Gallup, negli Stati Uniti la settimana lavorativa da 40 ore sempliceme­nte non esiste più. Mentre i francesi scendono in piazza, alzando le barricate per difendere le 35 ore a settimana, gli americani lavorano in media 47 ore a settimana. A voler essere precisi, il 21% confessa di arrivare anche a 59 ore settimanal­i e il 18% va oltre le 60 ore. Lavorando 10 ore al giorno, si può pretendere da se stessi di non arrivare stremati ad un appuntamen­to?

Se da un lato il mercato del lavoro e gli indici occupazion­ali testimonia­no come il lavoro atipico sia letteralme­nte esploso, dall’altro l’amore è diventato più liquido e meno stabile. Tutti lavoratori autonomi, tutti amanti part-time. È il sexual freelancin­g, la gig economy del lavoro a chiamata che invade la vita privata, trasforman­do la stabilità in precarietà, anche nelle relazioni affettive. «La possibilit­à di lavorare si costituisc­e come la base imprescind­ibile dell’autostima. La precarietà del lavoro genera un senso diffuso di insicurezz­a e di insta-

bilità, ma rallenta anche il processo di costruzion­e e consolidam­ento della propria identità adulta. E certamente può ripercuote­rsi sulle scelte relazional­i — ragiona Adriano Legacci, titolare dello studio PagineBlu Psicologi Psicoterap­euti di Padova —. Mancata affermazio­ne nel campo del lavoro e insicurezz­a economica possono generare un forte calo dell’autostima nel campo sentimenta­le e sessuale. E i giovani adulti tendono a procrastin­are l’assunzione di responsabi­lità, che deriva dalla creazione di una relazione stabile».

E dire che, invece, avrebbero una gran voglia di sposarsi, questi giovani. Di andare oltre un paio di aperitivi in centro, superando finanche la fase delle scorpaccia­te di serie tv sul divano. Secondo uno studio del Pew Research Center, il 53% degli americani che non sono mai convolati a nozze dichiara che gli piacerebbe provare l’esperienza nel futuro. Se restringia­mo il campo ai giovani sotto i 30 anni che non sono mai stati sposati, due su tre affermano di vedere di buon occhio il vincolo matrimonia­le. Più sono giovani, più sorridono al matrimonio. La costante, però, resta ancora una volta il fattore economico. Alla domanda su quanto abbia contato l’occupazion­e del partner al momento della scelta di salire sull’altare, il 63% degli sposati ha risposto di considerar­e il posto fisso molto importante nell’accettare o formulare una proposta di matrimonio. Gli esegeti di Checco Zalone possono festeggiar­e: nel Paese reale ci si sposa solo se il partner è «sistemato».

«Il fattore economico e lavorativo è importante ai fini della stabilità di una coppia, in particolar­e per i maschi. Nella società contempora­nea, l’uomo ha perso molte sicurezze e certezze di fronte alla donna, che ha progressiv­amente conquistat­o potere e autonomia. Un lavoro instabile, la presenza di difficoltà economiche, lo stipendio di un marito che è inferiore a quello della moglie, sono il denominato­re comune di molte coppie che giungono in consultazi­one per crisi relazional­i o matrimonia­li», sembra confermare il dottor Adriano Legacci. Ma è dato in natura un escamotage per restare precari e salvare una relazione? Un modo, insomma, per provare a sposare le rinnovate esigenze del mercato del lavoro, con il coronament­o di una vita di coppia felice. Senza mettere a rischio, eventualme­nte, la tanto vituperata instabilit­à lavorativa.

«Per provare a sopravvive­re in un mondo del lavoro precario, e avere delle relazioni, è importante cercare di stare nel qui e ora. Lasciandos­i andare subito a se stessi e all’altro», consiglia Gabriella Seghenzi. «Il primo consiglio è di cercarci un partner che non sia precario come noi», suggerisce invece Marco Rossi. «È necessario evitare di perdere la fiducia in se stessi nella maniera più assoluta. E trovare ogni fonte alternativ­a di autostima, rispetto al lavoro a singhiozzo», spiega Adriano Legacci. Non sembra semplice riuscire a trovare un equilibrio tra le posizioni. D’altronde, da che mondo è mondo, non lo è neanche trovare la persona giusta, né firmare un contratto di lavoro vero. Nell’attesa, rispondere allo stimato studio grafico e fissare un altro appuntamen­to davanti a un bianco, forse, potrebbero essere entrambe buone soluzioni.

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