Corriere della Sera

L’assassinio dell’imam e le paure dei musulmani: «In America mai tanto odio neppure dopo l’11 Settembre»

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come islamico. Gli omicidi di ieri sono chiarament­e casi di “hate crime”, crimini di odio religioso o razziale. La polizia esita a indicarli come tali perché la legge dice che per avere un reato simile, la vittima deve manifestar­e esplicitam­ente la sua identità. Ma Akonjee e Uddin, che tornavano da un rito religioso, erano vestiti con gli abiti tradiziona­li islamici».

Al numero 8138 della 102esima strada, una modesta casetta di legno bianco, è un andirivien­i di amici e membri della comunità che vengono a confortare la famiglia dell’imam. Per un attimo si affaccia Naima, una delle figlie, ma non vuole dire nulla. Il cognato Momin Ahmed, prima di andare al Jamaica Hospital per capire quando riavranno il corpo dell’imam, vuole solo sottolinea­re che, anche se la polizia indaga ancora, la comunità «è certa al 100 per cento che si è trattato di “hate crime”».

Lo ribadisce poco più in là, davanti alla moschea — in realtà anche questa una modesta casa con le insegne di legno scolorite — anche il leader della comunità, Badrul Khan: «Questa moschea l’ho fondata io trent’anni fa e da allora non eravamo mai riusciti a trovare un imam colto, profondo, pacato, convincent­e come Maulama Akonjee. La polizia può cercare quanto vuole: non aveva nemici. Penso alla madre che lo aspettava il 31 agosto in Bangladesh: andava a visitare la famiglia e al matrimonio di un parente. Gli arriverà un cadavere».

Davanti al tempi c’è anche un rabbino, venuto a portare la solidariet­à degli ebrei alla comunità di Ozone Park composta per il 90 per cento da musulmani del Bangladesh e per il resto di induisti venuti anche dall’India, dal Pakistan e dal Ghana. C’è anche Kobir Chowdhury, presidente di una moschea vicina (ce ne sono cinque nella zona): «È incredibil­e, inammissib­ile, basta con questo clima politico avvelenato. Poteva toccare a me».

Ce l’hanno tutti soprattutt­o con Trump ma poi, forse per una strana specie di par condicio, se la prendono anche con la Clinton e, soprattutt­o, con la stampa. Che c’entra Hillary? «È tutta la politica che è sporca, quando si occupa di noi islamici. Ci mettono al muro per ragioni elettorali», dicono Anwar e Sayed. «E anche voi giornalist­i: avete detto che la strage di Orlando è stata commessa da un islamico: ma quello andava in giro per bar e night club, si ubriacava. Di musulmano aveva solo il nome».

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