La vicenda
Sabato scorso negli Stati Uniti nuovo caso di omicidio di un afroamericano da parte della polizia: è accaduto a Milwaukee, nel Wisconsin. Un uomo che scappava impugnando un’arma è stato ucciso da un agente
I due omicidi che nel mese scorso hanno rinfocolato le proteste della comunità afroamericana sono stati quelli di Alton Sterling, ucciso a Baton Rouge, in Louisiana, il 5 luglio, e quello di Philando Castile, ucciso il giorno seguente a Falcon Heights, in Minnesota
Gli episodi hanno spinto in tutto il Paese migliaia di persone a scendere in strada per protestare. Ci sono stati scontri con le forze dell’ordine e centinaia di arresti
Il 7 luglio un afroamericano 25enne, Micah Johnson, ha ucciso 5 poliziotti (bianchi) proprio durante una manifestazione di protesta a Dallas, in Texas, prima di essere ucciso da un robot inviato dalle forze dell’ordine. Johnson era un ex militare che aveva servito in Afghanistan
«Sono qui da 22 anni e non ho mai visto niente di simile. Un clima così avvelenato contro di noi musulmani non c’è stato nemmeno dopo gli attentati dell’11 Settembre del 2001. Non vedo l’ora che l’America vada a votare. Dopo, spero, gli animi si calmeranno. Altrimenti non ci resta che andarcene: in Canada o tornare in Bangladesh». Il momento della rabbia è passato: i 700 musulmani che l’altra sera davanti alla moschea Al-Furqan Jame Masjid, poco dopo l’assassino del suo imam, hanno urlato chiedendo sicurezza, la fine di una spirale di confronti politici surriscaldati e rappresentazioni mediatiche «che finiscono per alimentare l’islamofobia» e hanno accusato Donald Trump di usare una retorica incendiaria contro i musulmani.
Il giorno dopo, davanti all’abitazione del religioso, Anwar Aehi, un amico dell’imam che è qui a difendere il dolore e la privacy della famiglia, è quasi inebetito dall’enormità di quanto accaduto: Maulama Akonjee e il suo assistente Thara Uddin abbattuti con cinque colpi di pistola alla testa e al torace sparati da un solo killer in pieno giorno e nel pieno centro del quartiere, sotto la stazione sopraelevata della A, la linea della subway che collega Manhattan all’aeroporto Kennedy. Dai tratti somatici pare si sia trattato di un ispanico. La polizia non parla ancora di un delitto di odio religioso, ma la pista della rapina è caduta (gli oltre mille dollari che i due avevano addosso non sono stati toccati).
Sayed Ahmed, jeans e polo a righe, un altro amico di famiglia e membro della comunità della moschea, è ancora più franco nel manifestare la sua paura e il suo sconcerto: «Sono orgoglioso della mia identità, ma se devo essere sincero fino in fondo, adesso ci penso due volte prima di vestirmi in un modo che mi renda identificabile