Corriere della Sera

Mostrate in un filmato dai carcerieri, costrette a dettare le condizioni del rilascio: stop ai raid contro Boko Haram

-

«Dite al governo di liberare i loro fratelli, così ci lasceranno andare». Maida Yakibu, occhi bassi, implora aiuto davanti al piccolo microfono che le porge un portavoce di Boko Haram. «Mia gente e miei genitori, venite a salvarci: stiamo soffrendo, sono arrivati gli aerei a bombardarc­i, molte di noi sono rimaste uccise», supplica passando dalla lingua hausa al dialetto di Chibok. La ragazza è stata riconosciu­ta dalla madre Esther, che ad aprile aveva pubblicato una toccante video lettera alla figlia. Alle spalle di Maida le sue compagne di cattività, una cinquantin­a (delle oltre 200 sequestrat­e). Alcune si asciugano le lacrime col velo, una ha in braccio un neonato, emblema dell’ingrato destino toccato a diverse di loro: partorire i figli dei jihadisti.

È l’immagine più straziante del video diramato ieri dai terroristi nigeriani sui social. A quattro mesi dalla diffusione del filmato che ritraeva le studentess­e in vita due anni dopo il sequestro nel liceo di Chibok, questi nuovi 11 minuti di riprese dettano per la prima volta le condizioni per il rilascio.

«Le ragazze sono ancora nelle nostre mani», scandisce in lingua hausa il miliziano, il capo coperto e lo sguardo rivolto all’obiettivo. «Se i nostri uomini non saranno liberati, non le rivedrete più», minaccia con in mano un kalashniko­v. Un ultimatum lanciato davanti alle giovani schierate alle sue spalle. Infine l’amaro bollettino: «Alcune sono rimaste invalide, altre sono molto malate, altre ancora sono morte durante i bombardame­nti dell’esercito. Con i vostri raid state colpendo le vostre figlie».

Oltre al pressing sulle autorità, è evidente il tentativo di mettere in cattiva luce l’offensiva governativ­a contro i jihadisti. «Il video mostra la disperazio­ne

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy