Neuman e le cose che non facciamo
Se siete golosi di piccole verità e coriandoli di vita, non dovete farvi scappare la raccolta di racconti dell’argentino Andrés Neuman, Le cose che non facciamo (edizioni Sur, trad. Silvia Sichel). Già dal titolo dell’omonimo racconto, sempre aperto alla «meraviglia dell’altrove», è un inno alle fantasie della sottrazione, alla coppia come associazione a delinquere o di mutuo soccorso, al destino individuale come beffa universale. In queste 152 pagine c’è un uomo che riesce a manipolarsi così abilmente da vivere beato nel tradimento della moglie con il suo migliore amico (La felicità), c’è una donna bella e conturbante come una sirena che tutti i ragazzini vorrebbero vedere nuda (Come nuotare con lei), c’è il monologo interiore di un futuro padre che risale il grande fiume della vita (Dare alla luce), c’è una coppia che rischia di fare la fine di Romolo e Remo per una linea tirata con la racchetta sulla spiaggia (Una riga sulla sabbia), un’altra che è così armonica e simmetrica da annullarsi senza pietà (La coppia perfetta), poi una madre che il figlio lava con la spugna in un ospedale (Madre di spalle), un nonno che smette di essere nonno dileguando nell’ultimo rituale (Una vasca da bagno), un prigioniero che davanti al plotone di esecuzione si nasconde dietro agli ultimi, forse penultimi, vigliacchi pensieri (Passato per le armi) e un suicida che riesce a disertare le sue intenzioni (Il suicida ridanciano). Alla fine del libro, una riuscitissima festa di paese in 25 racconti, Neuman gioca con un elenco di sedicenti regole per scrivere racconti, dando sfoggio di ironia e nonsense, e ricordandoci quanta parte creativa ha il lettore. Questo il consiglio più fedele alla sua felice scrittura: nelle prime righe un racconto si gioca la vita, nelle ultime la resurrezione. E qui di anime felicemente in pena ce ne sono in abbondanza.