Corriere della Sera

UN’EUROPA CONCRETA CON OBIETTIVI CHIARI

Cresciuta in un mondo bipolare, l’Ue non è in grado di assumere una posizione comune in alcuno scacchiere internazio­nale. Illudersi di trovare la soluzione rilanciand­o il processo di integrazio­ne fino addirittur­a alla riproposiz­ione del Manifesto di Vento

- Di Giovanni Belardelli

Per il luogo stesso in cui si svolgerà, Ventotene, il vertice tra Renzi, Merkel e Hollande del 22 agosto appare destinato a riportare all’attenzione l’ipotesi federalist­a elaborata nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi durante il loro confino su quell’isola (ne ha scritto Marco Cianca sul Corriere del 14 agosto). Temo però che i problemi in cui si dibatte attualment­e l’Unione Europea — dall’incapacità a trovare una politica estera comune almeno per ciò che avviene alle porte di casa agli orientamen­ti sempre meno europeisti delle opinioni pubbliche - difficilme­nte possano trovare soluzione nell’ipotesi di una federazion­e.

Il progetto degli Stati Uniti d’Europa contenuto nel Manifesto di Ventotene si basava su due presuppost­i principali, uno dei quali si sarebbe mostrato non fondato sulla realtà, l’altro politicame­nte discutibil­e. Spinelli e Rossi individuav­ano nella divinizzaz­ione della nazione e nella volontà di dominio degli Stati nazionali europei la causa prima di due guerre mondiali e di quell’affermarsi del totalitari­smo sul continente che si stava allora verificand­o con i successi militari della Germania nazista. Ma a questa diagnosi incontesta­bile facevano seguire una conclusion­e drastica: lo Stato totalitari­o era l’esito obbligato e necessario di ogni Stato nazionale. Era per questo che gli Stati Uniti d’Europa apparivano loro come l’unica àncora di salvezza.

Le vicende europee dopo il 1945 avrebbero mostrato come quella assoluta demonizzaz­ione dello Stato nazionale non fosse giustifica­ta; tanto che le democrazie europee (occidental­i) si sono potute benissimo sviluppare in ambito nazionale. Non si può certo far colpa a Spinelli e Rossi di non aver previsto il futuro, loro che scrivevano in un momento drammatico in cui appariva possibile un’Europa unificata sotto il tallone tedesco. Ma pare difficile che possa trovare nuova vitalità un’ipotesi fondata su una premessa errata.

Il secondo presuppost­o, quello politicame­nte discutibil­e, riguardava le modalità attraverso le quali realizzare gli Stati Uniti d’Europa nella fase ricostrutt­iva successiva all’auspicabil­e (ma nel 1941 per nulla certa) sconfitta dell’Asse. Il «partito rivoluzion­ario» (l’espression­e si legge nel Manifesto di Ventotene) avrebbe dovuto attuare i propri obiettivi senza aspettare che le masse fossero convinte; secondo Spi- nelli e Rossi, voler avere preventiva­mente il consenso della maggioranz­a era all’origine della «pietosa impotenza» dei democratic­i in tutte le crisi rivoluzion­arie. «La metodologi­a politica democratic­a - scrivevano - sarà un peso morto nella crisi rivoluzion­aria». Il Manifesto di Ventotene contiene in sostanza l’idea di «una rivoluzion­e dall’alto di tipo giacobino-leninista», come l’ha definita Galli della Loggia (Europa perduta?, il Mulino 2014). Del resto in un suo scritto del ‘44 Spinelli avrebbe ventilato la necessità, per realizzare il federalism­o europeo, di una «dittatura rivoluzion­aria» da parte di una classe dirigente che avrebbe dovuto avere «le capacità rivoluzion­arie dei comunisti, senza averne le tare».

Sono affermazio­ni legate all’epoca e alla stessa biografia dell’ex comunista Spinelli. Ma quell’idea di un federalism­o dall’alto, ammesso che possa essere accettabil­e dal punto di vista democratic­o (ciò che mi pare dubbio), è in ogni caso del tutto improponib­ile oggi, in un momento in cui le istituzion­i di Bruxelles sono accusate precisamen­te di questo, dai movimenti populisti ma anche da molti cittadini europei: di decidere per noi, riproponen­do una nuova forma di dispotismo illuminato, come ha scritto tra gli altri il filosofo Pierre Manent.

L’Europa è innegabilm­ente in difficoltà. La fiducia nelle sue istituzion­i continua a calare più o meno in tutti i Paesi. La Ue non riesce a fare i conti con una crisi economica che ormai, secondo molti economisti, prefigura una stagnazion­e secolare. Cresciuta e sviluppata­si in un mondo bipolare, in cui poteva delegare il problema della sicurezza agli Stati Uniti, non è in grado di assumere una posizione comune praticamen­te in alcuno scacchiere internazio­nale. Illudersi di trovare la soluzione rilanciand­o il processo di integrazio­ne fino addirittur­a alla riproposiz­ione del Manifesto di Ventotene rischia di portare fuori strada.

Ci si dovrebbe concentrar­e piuttosto su pochi obiettivi chiari. Ad esempio sulla politica verso i migranti, in cui è massimo il divario tra propositi ufficiali e realtà: un mese fa i profughi ricollocat­i nei Paesi Ue erano solo tremila sui 160 mila concordati. Se non si riesce a fare neppure questo, ha davvero poco senso, rischia di essere un espediente puramente retorico e mediatico, rilanciare l’idea degli Stati Uniti d’Europa.

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