Corriere della Sera

Combattere la fame è un dovere per tutti

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L’ altro giorno ho raccolto una bambina a Calcutta. Dai suoi occhi scuri ho capito che aveva fame. Le ho dato un po’ di pane e lo stava mangiando una briciola alla volta. «Mangia il pane, hai fame» ho detto. Le ho chiesto perché mangiasse così lentamente. «Ho paura di mangiare in fretta. Quando finirò questo pane, avrò presto di nuovo fame» ha risposto. «Mangia pure più rapidament­e, te ne darò ancora», ho promesso. Quella bambina piccola conosce già il dolore della fame. «Ho paura». Vedete — noi non lo conosciamo. Come potete vedere, non sappiamo cosa sia la fame. Non sappiamo cosa significhi provare dolore per colpa della fame. Ho visto bambini piccoli morire per (la mancanza di) una tazza di latte. Ho visto madri soffrire terribilme­nte perché i figli morivano di fame tra le loro braccia. Non dimenticat­e! Non vi chiedo soldi. Voglio che diate con il vostro sacrificio. Voglio che sacrifichi­ate qualcosa che vi piace, qualcosa che vorreste avere per voi stessi. (…) Un giorno venne alla nostra casa una donna poverissim­a. «Madre», disse, «vorrei aiutarvi, ma sono molto povera. Ogni giorno vado di casa in casa a lavare i panni degli altri. Devo sfamare i miei figli, ma voglio fare qualcosa. Per favore, lasciami venire ogni sabato a lavare i vestiti dei tuoi bambini per mezz’ora». Fu come se quella donna mi avesse dato più di mille rupie, perché mi donò completame­nte il suo cuore.

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