La vita è bella
Campriani, un bis che sa di addio «Mi sono detto: sorridi e spara che ti va bene anche se perdi Sarò sempre grato al mio sport»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Giochi ha portato a casa tre ori e un argento, è stata come doveva essere, imperfetta, umana, mai scontata, e crudele. Quando è così, minore o maggiore non importa, è semplicemente sport. Dopo l’ultimo tiro della finale, quello che assegnava la vittoria, Niccolò ha visto il punteggio, un 9.2 miserello. Ha sorriso e si è messo la mano in testa, per dire che non aveva fatto certo un capolavoro, anche se il punteggio per gli spari in piedi, la parte più difficile della carabina 3 posizioni, non era malvagio. Sergey Kamenskiy era stato il migliore per tutto il giorno, dalle eliminatorie fino a quel momento. «Meritava lui, se lo era guadagnato» avrebbe poi detto Niccolò. Ma l’ultimo tiro è tale per tutti. Dall’alto della tribuna si vedeva la carabina del russo che tremava. Quando ha tolto l’occhio dal mirino, Kamenskiy ha fatto un sorriso amaro. 8.3, il peggiore dei 165 colpi che aveva sparato finora, nel momento peggiore. Incredulo, Niccolò lo ha abbracciato, lo ha stretto forte. Ti capisco, gli ha detto, a me era successo lo stesso nel 2008 a Pechino, vedrai che da qui riparti per vincere come meriti.
Ci è sempre piaciuto questo, di Niccolò Campriani. È un fuoriclasse umano, certo non incline al superomismo. Ha il sorriso timido e lo sguardo compassionevole della persona perbene, che riconosce le proprie debolezze e quelle degli altri, consapevole che va bene cercare il colpo perfetto ma la perfezione non è di questo mondo. Il suo secondo oro di Rio 2016 è arrivato in fondo a una finale al contrario, propiziato da quel nuovo regolamento che azzera tutto dopo le eliminatorie. A mezzogiorno, l’ingegnere di Sesto Fiorentino era sulla strada di casa, anche con la testa. Fuori dai primi 8 che si sarebbero disputati la finale. Kamenskiy aveva finito i suoi spari da mezz’ora, sbriciolando il record olimpico del nostro. E quando i tifosi russi hanno esultato come allo stadio per quel traguardo raggiunto, si è voltato verso di loro portandosi l’indice alla bocca, state zitti che i miei colleghi stanno ancora gareggiando. Ci piace anche questo, del mondo del tiro. Gesti nobili, correttezza diffusa.
Niccolò non ama la musica che entra nelle cuffie dall’esterno, ma deve la resurrezione al ritmo allegro di una canzone. E pazienza se in realtà Mr Brightside dei Killers è una canzone che parla di paranoia e gelosia, l’Italia olimpica dovrebbe almeno pagare i diritti d’autore. «L’ho riconosciuta, e questo mi ha fatto sorridere. E allora ho pensato, sai che c’è, sorridi e spara, sorridi il più possibile che la vita è Campione Niccolò Campriani ha conquistato la medaglia d’oro nel tiro a segno carabina 50 metri tre posizioni, con un totale di 458.8. Il tiratore fiorentino aveva centrato la qualificazione all’ultimo, occupando l’ottava posizione (Getty Images) bella comunque anche se perdi». Così ha recuperato negli ultimi 2 tiri, è entrato in finale per uno 0.1 di differenza. A quel punto era chiaro a tutti, anche agli avversari, che gli astri si erano ormai allineati. Adesso è tempo di bilanci, stilati dal palco in un inglese perfetto. «Sedici anni nello shooting sono tanta roba. Ho incontrato tante persone, compresa la mia fidanzata Petra, ho vissuto molto. Devo tanto allo sport. Per me è sempre stato uno strumento di vita e non di carriera. Attraverso le vittorie ma soprattutto le sconfitte ha definito quello che sono come persona. Gliene sarò eternamente grato». Il sottinteso è evidente. A settembre Niccolò diventerà dirigente di una start up di San Francisco. Per la prima volta partirà lasciando a casa i fucili. Ha quattro anni di tempo per ripensarci. Ma se mai dovesse essere, buona vita e grazie di tutto, davvero.