Corriere della Sera

Sotto scorta il reporter che scopre il doping Seppelt minacciato dopo le sue inchieste: «Anche quest’Olimpiade è viziata»

- Rocco Cotroneo

Succede al tramonto, un bel tramonto su Rio. Tania, quarta dopo quattro salti, si inventa il tuffo della vita, doppio e mezzo rovesciato carpiato da nove, da applausi, da magone perché è l’ultimo della carriera. «Volevo farlo più bello che potevo. Speravo in un 80». Fa addirittur­a 81, per un totale di 372.80, il suo record assoluto: comunque lascerà, lo farà all’apice, senza i rimpianti di Londra quando perse il bronzo per appena 20 centesimi, pensò di essere stata maledetta e meditò il ritiro. Infatti esce dall’acqua soddisfatt­a, ride felice, abbraccia papà Giorgio. Vibrazioni positive nell’aria. Bene così.

Adesso che se la sfanghi la canadese Abel: è terza con quasi 7 punti di vantaggio, ma potrebbero non bastare e lei lo sa. Anche ai Mondiali un anno fa, con Tania quinta, aveva la grande chance, ma ha stonato l’ultimo round ed è finita sesta mentre il bronzo se l’è preso quell’italiana che non molla mai. Jennifer è tesa, poi salta, vola, ma vola chiarament­e meno di Tania. Intorno a questo laghetto verdastro chiamato piscina si trattiene il fiato. Si guarda il tabellone. Tania sogna, Jennifer trema. Tania. Jennifer. Tania. Jennifer. Tania. La ruota si ferma. Il bronzo è suo. Adesso sì che tutto è davvero compiuto.

Un modo migliore per finire questo lungo viaggio non c’era. L’argento nel sincro con Francesca Dallapé era servito a lavare via l’unica mancanza in un palmarès mostruoso. «La ciliegina sulla torta». Questa però è un’altra cosa, una storia solo personale, nella gara più difficile. Con le cinesi Shi e He nella solita altra dimensione e le umane a lottare fra loro secondo il solito schema: una 31enne italiana sola contro una banda di avversarie tutte

Non capita spesso di incontrare un giornalist­a accompagna­to da due guardie del corpo, in un evento sportivo. E in un luogo che dovrebbe essere sicuro, come la cittadella dei media, alla quale si accede soltanto dopo aver passato metal detector e controlli da aeroporto. Ma Hajo Seppelt non è un reporter qualsiasi. Da quando ha svelato i peggiori segreti del doping per la tv tedesca — quelli che in tutto il mondo sono diventati il «caso Russia» — Seppelt non vive tranquillo. Riceve in continuazi­one email e altri messaggi assai poco affettuosi, e sempre da personaggi Chiusura Tania Cagnotto era all’ultima gara in carriera. Punteggio record: 372.80 (Reuters) che si presentano come vicini al mondo dello sport russo. Da due settimane a Rio, lo seguono come un’ombra due ragazzi brasiliani con la giacca nera. Anche quando scende al bar del media center per bere un caffè. La Ard è la tv pubblica tedesca, e lui è l’unico giornalist­a al mondo a seguire a tempo pieno i temi legati al doping e alla corruzione nello sport. Il vero pericolo, dice, sono i tagli di budget che i media continuano a fare sul giornalism­o investigat­ivo. «Io sono abbastanza fortunato, perché la mia tv è l’unica al mondo che indaga con regolarità sul tema del-

Schwazer (foto) ha perso il ricorso al Tas e preso 8 anni.

4 esclusi per doping a Rio lo sport sporco, con uno staff apposito e una quantità di risorse finanziari­e non enormi, ma ragionevol­i».

Un giorno, il doping verrà sconfitto definitiva­mente?

«No, mai, sarebbe come dire che dal mondo scomparira­nno le ingiustizi­e o le ragioni per controllar­e l’operato dei politici. Per questo noi giornalist­i non possiamo fermarci. Naturalmen­te si deve lavorare e insistere affinché i casi si riducano, diciamo così, a livelli ragionevol­i, e non esistano sistemi di Stato come quello che abbiamo scoperto in Russia».

È stato fatto abbastanza per queste Olimpiadi di Rio? Le possiamo ritenere ragionevol­mente pulite, dopo le ben note esclusioni?

«Nemmeno un po’. Ci sono tutte le ragioni per credere che questi siano giochi altamente contaminat­i, e con bassi livelli di controllo. Il Cio e la Wada hanno chiarament­e fallito nella preparazio­ne. Tutti sono più interessat­i a non disturbare la festa e negare l’esistenza di manipolazi­oni sistemiche. Invece ci sono, e con il caso Russia lo abbiamo ampiamente dimostrato».

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