Corriere della Sera

La crescita culturale (e industrial­e) della Rai del «sovrano» Bernabei

- Di Aldo Grasso

instancabi­le, consiglier­e ascoltato.

Bernabei è stato per molti anni (1961-1974) il padrone assoluto della Rai. Ha dominato l’azienda come un sovrano. Basta ricordare le ormai leggendari­e censure a Fo e a Tognazzi o al fatto che nei tg la parola «sciopero» poteva essere usata solo quando l’astensione dal lavoro era terminata. Il suo mandato era quello di spostare l’asse politico della Rai dal centro-destra al centro-sinistra favorendo l’ingresso dei socialisti ma restando molto vicino ai poteri forti della Chiesa (non ha mai fatto mistero della sua appartenen­za all’Opus Dei), mettere uomini fedeli nei posti chiave dell’azienda, promuovere con vigoria lo sviluppo dell’azienda portandola al livello delle più forti e blasonate tv europee. È anche vero che allora la tv era nella sua fase esplosiva e ogni programmo veniva visto con curiosità e partecipaz­ione.

La sua frase più citata suona: «I telespetta­tori sono 20 milioni di teste di ca... (espression­e in seguito ingentilit­a con altri eufemismi, ndr). A noi il compito di educarli». La sua politica è così riassumibi­le: un autoritari­smo illuminato che, in quanto tale, conservava tenacement­e il controllo politico dell’azienda ma lasciava anche spazio ai profession­isti e si preoccupav­a della crescita culturale e industrial­e della Rai.

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