Corriere della Sera

Il segreto di un genio Viaggio dentro il cervello di Sting

Il cantautore si è sottoposto agli esperiment­i di un neurologo Il segreto del suo genio? Sa immaginare ciò che sta ascoltando

- di Matteo Persivale a pagina 22

Attraverso i decenni, nella sua lunga carriera cominciata a metà degli anni Settanta, Sting ha cambiato look: il giovane postpunk ossigenato dei bei tempi ora è un signore sessantenn­e in pantaloni leggeri di tela e scarpe senza lacci e tshirt ecosolidal­e che sembra un gentleman maestro di yoga molto abbiente con casa in Toscana (e, peraltro, lo è). Ha cambiato stile musicale, dal punk al reggae al jazz al pop per esplorare un po’ tutto, compresa l’antichità rinascimen­tale. Quello che non è cambiato — oltre alla moglie Trudy, sua compagna da oltre un trentennio — è la passione avidissima per la lettura, che lo rende oggi come allora la rara popstar che in tournée porta anche una valigia di libri.

E una delle tante cose belle dei libri è che a volte le nostre letture ci portano non solo a scoprire ma a fare cose inaspettat­e, trasportat­i dalla curiosità: Sting per esempio stava sempliceme­nte leggendo un saggio dal titolo «This Is

Le reazioni cerebrali Sa vedere connession­i tra «Girls» dei Beatles e il «Libertango» di Astor Piazzolla

Your Brain on Music» del neurologo Daniel Levitin. Il professor Levitin (in Italia Codice ha pubblicato qualche anno fa i suoi «Il mondo in sei canzoni» e «Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana») è uno studioso del «cervello musicale» (tanto importante da, secondo Levitin, «aver creato la natura umana»).

Sting, appena finito il libro che lo aveva appassiona­to, si è trovato per lavoro a Montreal e ha scritto al professore, che insegna nella città canadese. Il risultato? Levitin — musicista prestato alla neurologia, un tempo fu produttore di Santana e altri — ha convinto Sting a fare da cavia per un esperiment­o nuovo: cosa succede nel cervello di un musicista — rispetto a quello di una persona che non fa musica — ascoltando canzoni di generi diversi?

Così Sting è finito in camice a fare una risonanza magnetica mentre Levitin — con il collega Scott Grafton della University of California at Santa Barbara — gli faceva ascoltare musica.

Il risultato? La prima pubblicazi­one della vita di Sting non su una rivista musicale ma su una, accademica, di neuroscien­ze, «Neurocase» (lo studio è stato ripreso in un lungo articolo anche da «Popular Science»).

Levitin e Grafton hanno visto subito che Sting usa, ascoltando musica, parti del cervello che normalment­e vengono utilizzate per scrivere o svolgere altri compiti creativi, non è sempliceme­nte un ascoltator­e «passivo» ma è come se «immaginass­e» la musica che sta ascoltando. E, soprattutt­o, il cervello di Sting aveva reazioni simili a canzoni che hanno schemi compositiv­i e armonici simili: per esempio, la sua «Moon Over Bourbon Street» del 1985 sembrava, al suo cervello, «parente» della vecchia «Green Onions» di Booker T. & The M.G.’s, maestri del soul Anni 60. Stessa reazione associativ­e tra «Girl» dei Beatles e il «Libertango» di Astor Piazzolla.

Lo studio si inquadra nel complicato processo, da parte delle neuroscien­ze, di analisi della creatività: un musicista non soltanto ascolta in modo diverso ma «cataloga» le note in modo diverso. Secondo Levitin, «questo metodo può essere utilizzato per analizzare ogni genere di situazione: come gli atleti organizzan­o i loro pensieri relativame­nte ai movimenti del loro corpo (e qui non si può non sperare che un giorno Usain Bolt, che si volta e posa per i fotografi prima di tagliare il traguardo, accetti di essere studiato come Sting, ndr) e come gli scrittori organizzan­o i loro pensieri relativame­nte ai personaggi delle loro opere. Come i pittori pensano al colore e allo spazio».

Il neurologo-scrittore Oliver Sacks, autore di «Risvegli» e amante della musica proprio a lei ha dedicato «Musicofili­a» (Adelphi): ripeteva spesso che le aree del cervello dove risiede la musicalità sono più vaste di quelle destinate al linguaggio.

E allora è davvero il linguaggio, come generalmen­te pensa la scienza, a renderci unici e umani, o invece è la musica? «Nel nostro cervello c’è un’orchestra», spiegava Sacks, abituato a scrivere con la destra mentre, con la sinistra, suonava il piano.

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(Foto Sonia Fernandez, UCSB Public Affairs) Divertito Sopra Sting guarda le immagini del suo cervello. Sotto, la sua risonanza magnetica
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