La formazione nella fabbrica della Porsche
uando viveva a Damasco, Ammar (nella foto sopra) sognava di possedere una Porsche. La guerra civile in Siria l’ha costretto a fuggire e a trovare rifugio in Germania. Oggi, a 19 anni, Ammar sta studiando e facendo pratica per diventare operaio specializzato Porsche nello storico stabilimento di Zuffenhausen, periferia Nord di Stoccarda. Il giovane profugo siriano ha infatti concluso con successo il primo step del programma «anno di integrazione» che la casa automobilistica tedesca ha attivato lo scorso marzo. Tredici rifugiati hanno preso parte alla prima fase: giovani donne e uomini tra i 16 e i 38 anni provenienti da Afghanistan, Eritrea, Iraq, Iran, Pakistan e Siria. E undici di loro proseguiranno con il percorso formativo. Ammar, per esempio, vuole specializzarsi nella supervisione meccatronica, il cuore dell’automazione industriale nel processo produttivo. Il programma, a detta dei vertici dell’azienda ma anche dei sindacati, è stato «un vero successo». Le difficoltà principali sono state soprattutto di natura linguistica, ma il fatto di affiancare alle lezioni teoriche la pratica lavorativa guidata da «trainer» Porsche ha aiutato. In Germania si parla così di «modello Porsche» per l’integrazione dei rifugiati nelle maggiori imprese tedesche.