La chiamata dalle imprese: ce la fa uno su 2
Nell’ultimo Indice sulle politiche di integrazione dei migranti, che prende in esame 38 nazioni Ue più altre 10 fra cui gli Usa, il primo Paese in classifica è la Svezia. La patria dello Stato sociale che subito affianca un interprete e un funzionario al profugo che deve compilare la sua richiesta d’asilo. Da quel momento, e per un massimo di due anni, il profugo non è mai solo. In attesa della risposta sull’asilo, in genere 6 mesi, lo Stato gli fornisce un alloggio in condivisione, un conto in banca e una carta di credito mirati per spese alimentari, di abbigliamento e altro genere. Poi corsi intensivi di lingua, cultura generale e conoscenza delle norme svedesi sul lavoro, visite mediche e dentali di base gratuite. Ma soprattutto, l’approdo al mondo del lavoro. L’Ufficio pubblico dell’occupazione funziona come una sorta di camera di compensazione o di «piazza» che fa incontrare le richieste dei datori di lavoro con le competenze degli immigrati, a qualsiasi livello. Fra i programmi governativi più di successo, primeggia uno che si chiama «Lavoro garantito». Non sempre è così: ma in alcune regioni, si arriva a collocare fino al 50% degli immigrati in meno di un anno. Prima i datori di lavoro erano formalmente obbligati a segnalare ogni ricerca di personale. Oggi, non c’è più bisogno di imposizioni: il meccanismo è quasi automatico.