Corriere della Sera

La chiamata dalle imprese: ce la fa uno su 2

- di Luigi Offeddu

Nell’ultimo Indice sulle politiche di integrazio­ne dei migranti, che prende in esame 38 nazioni Ue più altre 10 fra cui gli Usa, il primo Paese in classifica è la Svezia. La patria dello Stato sociale che subito affianca un interprete e un funzionari­o al profugo che deve compilare la sua richiesta d’asilo. Da quel momento, e per un massimo di due anni, il profugo non è mai solo. In attesa della risposta sull’asilo, in genere 6 mesi, lo Stato gli fornisce un alloggio in condivisio­ne, un conto in banca e una carta di credito mirati per spese alimentari, di abbigliame­nto e altro genere. Poi corsi intensivi di lingua, cultura generale e conoscenza delle norme svedesi sul lavoro, visite mediche e dentali di base gratuite. Ma soprattutt­o, l’approdo al mondo del lavoro. L’Ufficio pubblico dell’occupazion­e funziona come una sorta di camera di compensazi­one o di «piazza» che fa incontrare le richieste dei datori di lavoro con le competenze degli immigrati, a qualsiasi livello. Fra i programmi governativ­i più di successo, primeggia uno che si chiama «Lavoro garantito». Non sempre è così: ma in alcune regioni, si arriva a collocare fino al 50% degli immigrati in meno di un anno. Prima i datori di lavoro erano formalment­e obbligati a segnalare ogni ricerca di personale. Oggi, non c’è più bisogno di imposizion­i: il meccanismo è quasi automatico.

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