Corriere della Sera

Carceri svuotate per metterci i golpisti

In Turchia Erdogan libera 38 mila prigionier­i. «Vuole far posto in vista di nuovi arresti»

- Marta Serafini

Un decreto di scarcerazi­one per 38 mila persone. E un atto che molti osservator­i interpreta­no come un tentativo di fare spazio nelle carceri turche, in vista di nuovi arresti. È stato lo stesso ministro della Giustizia turco Bekir Bozdag a confermare ieri la notizia. «Non sarà un’amnistia», ha scandito Bozdag senza però fornire ulteriori spiegazion­i sulle motivazion­i del provvedime­nto.

Il decreto, varato nell’ambito dello stato di emergenza di tre mesi dichiarato nel Paese dopo il fallito golpe del 15 luglio in cui hanno perso la vita 270 persone, prevede il rilascio di detenuti che devono ancora scontare un massimo di due anni della pena e concede la libertà vigilata ai detenuti che abbiano già scontato la metà della pena. Esclusi, i detenuti colpevoli di omicidio, violenza domestica, abusi sessuali o reati contro lo Stato. Ma non solo. Le misure non verranno applicate per reati commessi dopo il primo luglio. Che, tradotto, significa: gli oltre 35 mila arrestati dopo il tentato colpo di Stato rimarranno in carcere.

Il decreto arriva mentre il sistema carcerario turco è sotto pressione, anche a causa dell’ondata di arresti seguita al fallito golpe. Sono infatti 188 mila i detenuti nelle carceri turche, secondo i dati del ministero turco della Giustizia. Secondo Amnesty Internatio­nal negli ultimi giorni si sono verificati casi di pestaggi e di tortura, soprattutt­o ai danni di militari di alto grado.

Sempre ieri è stato emanato un secondo decreto con il quale il governo turco ha silurato più di 2 mila tra ufficiali di polizia e impiegati dell’Authority delle tecnologie per informazio­ne e comunicazi­one (Btk), tutti accusati di avere legami con la confratern­ita di Fetullah Gülen, additato come la mente del tentato golpe. Nel frattempo undici militari sono stati portati davanti alla Corte con l’accusa di aver cospirato per uccidere il presidente turco Erdogan a Marmaris, dove si trovava in vacanza la notte del 15 luglio. Il Sultano non molla la presa nemmeno sulla stampa. Un’altra giornalist­a, l’editrice e scrittrice Asli Erdogan del quotidiano turco Ozgur Gundem è finita in manette. Poi un secondo blitz, nell’abitazione dello scrittore ed ex redattore capo dello stesso giornale, Ragip Zarakolu, e del figlio Sinan. Stesso copione si è ripetuto a casa dell’ex direttore Eren Keskin. Una Corte di Istanbul aveva ordinato la chiusura del quotidiano, che secondo i magistrati avrebbe fatto propaganda a favore dei ribelli separatist­i curdi del Pkk.

Ed è in questo clima che sale ulteriorme­nte la tensione tra Ankara e Berlino. Rispondend­o alle accuse contenute in un dossier confidenzi­ale del governo tedesco pubblicato dall’emittente tedesca Ard, in cui la Turchia viene definita «nodo centrale per i gruppi islamisti e terroristi in Medio Oriente», il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha parlato di «una nuova manifestaz­ione di mentalità contorta, che per qualche tempo ha tentato di sfinire il nostro Paese, prendendo di mira il nostro presidente e il nostro governo».

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