LE FERIE CHE NON C’ENTRANO
Nel 1954 il mese di agosto non era ancora quello in cui le città si svuotavano, non c’erano ancora le vacanze di massa e pure il turismo era un fenomeno massiccio sì, ma niente in confronto all’era del low cost e dei mega torpedoni. Era ancora l’epoca in cui Gregory Peck e Audrey Hepburn potevano girare in scooter per celebrare le loro vacanze romane e i romani di Trastevere mangiavano la pastasciutta in piazza come se stessero in casa, ce l’ha raccontato Federico Fellini. Era l’Italia che ancora non aveva conosciuto la rivoluzione industriale. Roma, per la verità, non la conoscerà mai, fedelmente ministeriale e burocratica nei secoli, ma i romani imiteranno gli altri italiani delle città industriali che smettevano di lavorare ad agosto quando le fabbriche chiudevano, con relativi esodi e controesodi a date fisse. Insomma, dopo il ’54 Roma si è inventata l’agosto di vacanza industriale senza avere l’industria. Arrivavano i turisti e chiudevano i negozi. Sono davvero furbi questi romani? tà alla quale si viene in pellegrinaggio di amore alla storia, alla civiltà, alla fede, all’arte; non è soltanto la città dove l’antico si mescola al moderno nel modo più affascinante e, diremmo, più intimo, ma è anche una città di lieta sosta estiva. (...). Sono sorti locali eleganti fra i pini della Via Appia, della Via Cassia, nel palazzo dell’Eur e nei parchi cittadini. Contemporaneamente, riviste spettacolari che si succedono al Foro Italico, dall’elettrizzante orchestra di Xavier Cugat e dalle ancor più elettrizzanti danze di Abbe Lane alle «dancing waters», quegli arabeschi di ballo eseguiti da duemila zampilli; dalla voce di Josephine
Stralcio dell’articolo dal titolo Per i vecchi quiriti «Roma è la più bella villeggiatura del mondo», uscito sul Corriere d’Informazione il 16-17/08/’54