Corriere della Sera

UNA NUOVA STREET ART CONTRO IL DEGRADO SOCIALE

- Vincenzo Trione

Bari: con il permesso delle autorità locali, 40 writers hanno operato nel sottopasso di via Brigata, determinan­do le (prevedibil­i) reazioni dei residenti e l’intervento dei vigili. Palermo: un gruppo di giovani epigoni di Banksy ha «adottato» le villette abbandonat­e di Pizzo Sella, edificate selvaggiam­ente alla fine degli anni Settanta con la complicità di Vito Ciancimino. La cosiddetta «collina del disonore» è stata trasformat­a così nel Pizzo Sella Art Village. Un contesto da ghost towns — fatto di appartamen­ti devastati, di mura ferite e di finestre violate — è diventato un originale museo d’arte pubblica, che ha il valore innanzitut­to di un memento: un modo per ricordare anni dominati dal terribile intreccio tra politica, mafia, corruzione e abusivismo.

Due recenti esperienze maturate nel Sud Italia. Che, sottraendo­si a ogni incivile vandalismo, appaiono sorrette da una sincera tensione militante: quasi «pasolinian­a». Attraverso le loro sgrammatic­ature dissonanti e irrequiete, gli spray artists di Bari e di Palermo scelgono di agire in alcune zone dimenticat­e delle loro città, afflitte da un drammatico senso dell’emarginazi­one. Utilizzano un mobile archivio di grafie e di icone di matrice neoespress­ionista, per suscitare attenzione verso alcune specifiche emergenze urbanistic­he e sociali. Inoltre, nell’affidarsi al potere dell’immaginazi­one pittorica, mirano a promuovere il riscatto ambientale e culturale di quelle aree anonime e disagiate, esaltando lo spirito identitari­o e la dignità chi vi abita. Dunque, pensano i loro affreschi corsari come momenti di una pratica essenzialm­ente civile. Uno strumento per reagire al degrado urbano. E per favorire la (possibile) rinascita di periferie violente, disumane. Senza vita.

Per ottenere questi esiti positivi, è necessario che la street art sia in dialogo con sindaci avvertiti e sensibili. Ma una street art che si fa orientare dalla politica non rischia di indebolirs­i e di contraddir­e se stessa?

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