Lse-Deutsche Börse, sì dei soci all’offerta di scambio
(d.pol.) Per non mettere a rischio la maxi fusione con il London Stock Exchange i soci della Deutsche Börse avevano abbassato l’asticella delle adesioni al 60%. E invece ieri è emerso che gli azionisti della Borsa di Francoforte hanno aderito all’offerta di scambio consegnando l’89,04% dei titoli. Dalla Germania arriva così un segnale forte sulla volontà di procedere al matrimonio tra i due listini, un piano che la Brexit sembrava aver messo in pericolo. Anche se bisogna ricordare che i soci dei due listini si assomigliano. L’azionista più importante delle due public company è BlackRock con il 13% del Lseg e quasi il 7% della Borsa tedesca, seguito a Londra dall’Emiro del Qatar (10%). Ci vorrà comunque ancora del tempo prima di celebrare la fusione che vale 29 miliardi di sterline e che porterà la compagine di soci di Deutsche Borse al 56% della nuova società e quelli del Lseg al 44%. Sotto lo stesso cappello entrerà così anche Borsa Italiana. Bisognerà attendere il nulla osta della Consob tedesca (non vincolante), della Commissione Ue e del Land dell’Hessen che possiede una quota in Deutsche Börse. Come sede al momento viene confermata la City londinese. Quanto alla governance, alla guida ci sarà il ceo di Deutsche Börse, Carsten Kengeter (foto), affiancato dal presidente Donald Brydon (Lseg).
Moody’s: in Svizzera le banche più solide
(f.mas.) Se c’è un Paese dove le banche non mostrano problemi, quello è la Svizzera. Così la pensa Moody’s, che ieri ha mantenuto stabile l’outlook sul sistema bancario per le «solide condizioni operative» nonostante i tassi negativi (a -0,75%) e l’aumento dei prezzi degli immobili. Le banche svizzere continuano ad avere un livello molto basso di crediti problematici e «solidi» cuscinetti di capitale, dipendono limitatamente dal mercato dei capitali e hanno una «adeguata capacità di assorbire le perdite». Lo scenario macro aiuta: il pil svizzero è atteso a +1,4% quest’anno e a +1,8% nel 2017, e la disoccupazione è bassa. Ci sono comunque rischi possibili in vista: in quanto tipica moneta-rifugio, il franco potrebbe rivalutarsi creando alle banche problemi di profittabilità; e se venisse approvato il referendum per limitare l’immigrazione, l’economia potrebbe indebolirsi con ripercussioni dirette sul profilo di credito degli istituti.
Norges taglia il valore degli immobili in Gran Bretagna
(m.sab.) Il fondo sovrano norvegese Norges Bank — 890 miliardi di dollari in gestione — ha tagliato del 5% il valore del suo portafoglio immobiliare in Gran Bretagna in seguito al referendum sulla Brexit. «È stata una misura straordinaria» ha detto il vice ceo Trond Grande. Il Fondo ha registrato nel secondo trimestre una perdita dell’1,6% negli investimenti nel mercato immobiliare, pari a 20,4 miliardi di dollari. Il rendimento medio del fondo, considerando gli altri attivi, è stato invece dell’1,3%, pari a 94 miliardi di corone (11,4 miliardi di dollari).