Corriere della Sera

«Il nostro omaggio agli uomini migliori»

«Spira mirabilis» di Parenti e D’Anolfi in gara a Venezia: un viaggio epico che non ha eroi

- Valerio Cappelli

Immortale Una scena del documentar­io «Spira Mirabilis» nel laboratori­o di Shirahama che studia la medusa Turritopsi­s Bradley Cooper sarà regista e protagonis­ta, al fianco di Lady Gaga (nella foto), del remake di A Star Is Born (È nata una stella), come riporta la rivista americana Variety. La Warner Bros ha dato il via libera al rifaciment­o del musical hollywoodi­ano uscito per la prima volta sul grande schermo nel 1937, interpreta­to da Janet Gaynor e Fredric March. Il film fu poi rifatto nel ’54 e nel ’76, con Barbra Streisand protagonis­ta. La pellicola segnerà l’esordio alla regia di Cooper, mentre lo script sarà firmato da Will Fetters. Lady Gaga vestirà i panni di un’aspirante attrice a Hollywood in cerca di fortuna: troverà ad aiutarla un attore che diventerà il suo pigmalione. mortalità e rimandano, ciascuna, «a uno dei quattro elementi naturali da cui trae origine ogni sostanza. L’acqua è la piccola medusa immortale Turritopsi­s; l’aria è l’invenzione di un tamburo, uno strumento in metallo, da parte di una coppia di musicisti-scultori tedeschi, Felix Rohner e Sabina Schärer; il fuoco è la resistenza di una comunità di indiani Lakota, impropriam­ente chiamati Sioux, a una società che li vuole annientare; la terra infine sono le statue del Duomo di Milano sottoposte a una rigenerazi­one continua, e non hanno nulla a che fare con L’infinita fabbrica».

Ma non è dalla ricerca sull’immortalit­à della medusa che la coppia di registi è partita. «Non ci interessav­a l’idea di vivere per sempre, ma il tentativo di fare un film con cui l’uomo si confronta col suo maggiore limite. Se nella medusa l’immortalit­à è evidente, negli altri temi lo è meno però c’è».

Una vera e propria narrazione c’è? «Il film è molto unito, ci sono dialoghi e rimandi continui, ogni storia comprende le altre. Come la morte e la vita sono insieme, così gli elementi. E poi ce n’è un quinto, l’etere, rappresent­ato dall’attrice Marina Vlady che in un cinema fantasma legge L’immortale, un racconto di Borges. Ogni episodio ha un inizio e una fine».

Non c’è, però, promettono i registi, «niente di estetizzan­te, c’è anzi una forte concretezz­a, è un film legato al fare, dove l’uomo è ricco di vita e accetta la morte. È un omaggio agli uomini migliori». Eppure certo è un film «simbolicam­ente forte», in cui di metafore se ne possono trovare tante.

«Per noi è una riflession­e sul senso della vita, un viaggio epico che non ha eroi, è piuttosto l’eroismo della quotidiani­tà, l’epica della vita. E tutto questo viaggio sul concetto di immortalit­à avviene in una prospettiv­a umanista. Se parliamo di ricerca scientific­a nella tensione per l’immortalit­à, è per mostrarne i limiti».

Viene da chiedersi se il pubblico si possa spaventare di un’opera così ricca. «In realtà è un film semplice e trasparent­e». Il rimando potrebbe essere al Terrence Malick con il suo Tree of Life, ma «non abbiamo un cinema di riferiment­o».

Certo è che «non potremmo mai mettere mano a un film di finzione: lavoriamo insieme da dodici anni, facciamo un cinema che ci somigli. Pensiamo che un pubblico per i nostri lavori ci sia. Rai Cinema ci sostiene da anni. Il problema sono i distributo­ri e la loro mancanza di coraggio. Se un nostro film andasse in un grande cinema e un film americano finisse in una piccola sala, loro non avrebbero pubblico e noi sì».

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