La figlia di Padoan contro il Palazzo
In piazza a Foggia durante la visita del ministro Orlando: accanto ai lavoratori africani
In piazza contro i «signori del palazzo». Veronica Padoan, figlia del ministro dell’Economia, armata di megafono ha manifestato davanti alla prefettura di Foggia dove, ieri, si è tenuto un vertice sul problema del caporalato alla presenza del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Insieme agli attivisti di «Campagne in lotta», Veronica Padoan guida il furgone che apre i cortei.
«I signori che stanno sopra, in questo palazzo, conoscono molto bene la questione»: non può esserci smantellamento del Gran Ghetto di Rignano Garganico senza che al contempo venga risolto il problema abitativo dei lavoratori delle campagne.
Il palazzo preso come riferimento è la prefettura di Foggia, il Palazzo di Governo dove ieri si è tenuto un vertice sul problema del caporalato con il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E la ragazza che sottolinea le responsabilità dei «signori del palazzo», prima gridandolo in strada con il megafono poi, con tono più pacato, dinanzi alle telecamere, è Veronica. Veronica Padoan che, però, non ama rimarcare di avere lo stesso cognome del ministro dell’Economia, essendone la figlia. Preferisce essere riconosciuta come Veronica di «Campagne in lotta», associazione che aiuta i lavoratori agricoli che vivono nel Gran Ghetto tra Foggia e San Severo nel Tavoliere delle Puglie.
Nasconde il cognome perché lei, i signori che stanno nel Palazzo di Governo preferisce contestarli. Come ha fatto ieri quando, insieme ai compagni dell’associazione — da Valter a Irene, una quindicina in tutto — al fianco dei lavoratori africani si è presentata sotto la prefettura di Foggia. «Se non si organizza il lavoro in campagna, è inutile smantellare i ghetti», l’architrave da cui parte il suo ragionamento. «La questione del Gran Ghetto di Rignano — ha spiegato Veronica — è una questione che preme pesantemente sulla Regione Puglia perché ha delle responsabilità oggettive e riceve notevoli pressioni dalla Ue. È vero che il Gran Ghetto di Rignano è uno dei complessi abitativi più grandi (2.500 immigrati africani, ndr) ma come questo ce ne sono altri; quindi, il “giochino” di catalizzare tutta l’attenzione su Rignano lascia il tempo che trova».
E il «giochino» a cui fa riferimento sarebbe quello del ministro Orlando che — mentre Veronica parlava in strada, in corso Garibaldi — al terzo piano della prefettura discuteva del problema del caporalato che in Puglia prospera soprattutto intorno ai ghetti che sia la giunta Vendola che quella Emiliano si sono proposti, senza risultati, di smantellare.
Veronica conosce anche l’interno di quel palazzo: la sua assistenza ai lavoratori africani va dall’organizzazione delle manifestazioni — sempre pacifiche — alla partecipazione ai vertici istituzionali. Veronica guida il furgone che apre i cortei
Attivista Guida il furgone che apre i cortei, assiste i lavoratori africani e partecipa ai vertici
e si siede ai tavoli in cui si cercano soluzioni. Senza mai far seguire al nome il cognome: «A cosa serve? Siamo tutti attivisti», rispondono in coro i ragazzi del comitato che hanno passato, Veronica compresa, il Ferragosto in Puglia, non sul Gargano ma nella campagne arse del Tavoliere.
Le stesse che ieri ha visitato il Guardasigilli Orlando definendo il Gran Ghetto, sulla sua pagina Facebook «una non città di schiavi ricattati dai caporali. È da questo luogo che penso sia più giusto ribadire l’impegno del governo ad approvare nel più breve tempo possibile la nuova legge contro il caporalato».
Approvata al Senato lo scorso
1° agosto, sarà discussa alla Camera da settembre. Il testo attuale — su cui si lavora da un anno, dall’indomani della morte della bracciante pugliese 49enne Paola Clemente del 13 luglio 2015 — prevede pene fino a otto anni di carcere per debellare, ha concluso Orlando, «la riduzione in schiavitù, un passo all’indietro di secoli». Quello del governo di cui fa parte suo padre Pier Carlo, quindi, è lo stesso obiettivo di Veronica Padoan: il diritto a un lavoro regolare. Basterebbe che si mettessero d’accordo sui mezzi per raggiungerlo.