Corriere della Sera

La figlia di Padoan contro il Palazzo

In piazza a Foggia durante la visita del ministro Orlando: accanto ai lavoratori africani

- di Michelange­lo Borrillo

In piazza contro i «signori del palazzo». Veronica Padoan, figlia del ministro dell’Economia, armata di megafono ha manifestat­o davanti alla prefettura di Foggia dove, ieri, si è tenuto un vertice sul problema del caporalato alla presenza del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Insieme agli attivisti di «Campagne in lotta», Veronica Padoan guida il furgone che apre i cortei.

«I signori che stanno sopra, in questo palazzo, conoscono molto bene la questione»: non può esserci smantellam­ento del Gran Ghetto di Rignano Garganico senza che al contempo venga risolto il problema abitativo dei lavoratori delle campagne.

Il palazzo preso come riferiment­o è la prefettura di Foggia, il Palazzo di Governo dove ieri si è tenuto un vertice sul problema del caporalato con il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E la ragazza che sottolinea le responsabi­lità dei «signori del palazzo», prima gridandolo in strada con il megafono poi, con tono più pacato, dinanzi alle telecamere, è Veronica. Veronica Padoan che, però, non ama rimarcare di avere lo stesso cognome del ministro dell’Economia, essendone la figlia. Preferisce essere riconosciu­ta come Veronica di «Campagne in lotta», associazio­ne che aiuta i lavoratori agricoli che vivono nel Gran Ghetto tra Foggia e San Severo nel Tavoliere delle Puglie.

Nasconde il cognome perché lei, i signori che stanno nel Palazzo di Governo preferisce contestarl­i. Come ha fatto ieri quando, insieme ai compagni dell’associazio­ne — da Valter a Irene, una quindicina in tutto — al fianco dei lavoratori africani si è presentata sotto la prefettura di Foggia. «Se non si organizza il lavoro in campagna, è inutile smantellar­e i ghetti», l’architrave da cui parte il suo ragionamen­to. «La questione del Gran Ghetto di Rignano — ha spiegato Veronica — è una questione che preme pesantemen­te sulla Regione Puglia perché ha delle responsabi­lità oggettive e riceve notevoli pressioni dalla Ue. È vero che il Gran Ghetto di Rignano è uno dei complessi abitativi più grandi (2.500 immigrati africani, ndr) ma come questo ce ne sono altri; quindi, il “giochino” di catalizzar­e tutta l’attenzione su Rignano lascia il tempo che trova».

E il «giochino» a cui fa riferiment­o sarebbe quello del ministro Orlando che — mentre Veronica parlava in strada, in corso Garibaldi — al terzo piano della prefettura discuteva del problema del caporalato che in Puglia prospera soprattutt­o intorno ai ghetti che sia la giunta Vendola che quella Emiliano si sono proposti, senza risultati, di smantellar­e.

Veronica conosce anche l’interno di quel palazzo: la sua assistenza ai lavoratori africani va dall’organizzaz­ione delle manifestaz­ioni — sempre pacifiche — alla partecipaz­ione ai vertici istituzion­ali. Veronica guida il furgone che apre i cortei

Attivista Guida il furgone che apre i cortei, assiste i lavoratori africani e partecipa ai vertici

e si siede ai tavoli in cui si cercano soluzioni. Senza mai far seguire al nome il cognome: «A cosa serve? Siamo tutti attivisti», rispondono in coro i ragazzi del comitato che hanno passato, Veronica compresa, il Ferragosto in Puglia, non sul Gargano ma nella campagne arse del Tavoliere.

Le stesse che ieri ha visitato il Guardasigi­lli Orlando definendo il Gran Ghetto, sulla sua pagina Facebook «una non città di schiavi ricattati dai caporali. È da questo luogo che penso sia più giusto ribadire l’impegno del governo ad approvare nel più breve tempo possibile la nuova legge contro il caporalato».

Approvata al Senato lo scorso

1° agosto, sarà discussa alla Camera da settembre. Il testo attuale — su cui si lavora da un anno, dall’indomani della morte della bracciante pugliese 49enne Paola Clemente del 13 luglio 2015 — prevede pene fino a otto anni di carcere per debellare, ha concluso Orlando, «la riduzione in schiavitù, un passo all’indietro di secoli». Quello del governo di cui fa parte suo padre Pier Carlo, quindi, è lo stesso obiettivo di Veronica Padoan: il diritto a un lavoro regolare. Basterebbe che si mettessero d’accordo sui mezzi per raggiunger­lo.

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(foto Franco Caudillo) Con il megafono Veronica Padoan, figlia del ministro dell’Economia, davanti alla prefettura di Foggia con gli attivisti di «Campagne in lotta» e un gruppo di lavoratori africani

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