Corriere della Sera

Votata la sfiducia a Serraj Colpo all’unità della Libia

Il premier di Tripoli da giorni a Tunisi. E l’Egitto di Al Sisi ribadisce l’appoggio ad Haftar

- Di Lorenzo Cremonesi

(Nella foto, un combattent­e libico sotto i colpi dell’Isis a Sirte)

DAL NOSTRO INVIATO

Dopo otto mesi di silenzio, il Parlamento di Tobruk si è riunito ieri per votare una mozione di sfiducia mirata sostanzial­mente a delegittim­are il premier Fayez al Serraj e il suo gabinetto di «Accordo Nazionale». Un colpo duro per Serraj, l’uomo scelto delle Nazioni Unite, con l’Italia in testa, che avrebbe dovuto lavorare per l’unità nazionale e portare finalmente una ventata di stabilità in questa Libia divisa da milizie in guerra, lotte tribali e ingerenze straniere destinate ad aumentare i contrasti interni. Serraj stesso si trova al momento a Tunisi assieme ad alcuni dei suoi 17 ministri, formalment­e per incontri di routine, ma in realtà e in particolar­e l’Italia avrebbero dovuto ascoltare con maggiore attenzione le voci di crescente malcontent­o. «La Libia è in mano alle milizie. Trionfa la logica brutale. Abbiamo bisogno di un leader molto più carismatic­o che non Serraj. Sotto di lui a Tripoli sta tornando il caos. Voleva porsi al di sopra delle milizie, ma in realtà le sfrutta nella falsa speranza di poter controllar­e gruppi di potere e forze armate che gli sono sfuggiti di mano», spiega.

Si apre un futuro incerto. I centri urbani sulla costa della Tripolitan­ia sono letteralme­nte invasi di migranti disperati e pronti a tutto pur di imbarcarsi sui navigli dei trafficant­i di esseri umani verso l’Italia. Impera la desolante realtà di tribù e città-Stato per lo più in lotta tra loro. Quella di Misurata sta raccoglien­do i risultati della guerra contro Isis sempre più accerchiat­o nella sua roccaforte di Sirte, anche grazie all’aiuto militare fornito dagli Stati Uniti, che dai primi di agosto bombardano la città con raid accurati.

Ieri è stato liberato il quartiere dove si trova una delle prigioni di Isis. Ma va anche aggiunto che la grande maggioranz­a dei militanti più fanatici è da tempo riuscita a fuggire dalla sacca. Per stessa ammissione dei portavoce di Misurata, a Sirte sono ora circondati un largo numero di ex sostenitor­i di Gheddafi. «I capi li conosciamo. Vecchi militari del regime del Colonnello come Al Karami, Al Zarguni e Al Juhani, che ci avevano combattuto durante la rivoluzion­e del 2011», dice il colonnello Mohammad al Ghasri.

In questa luce, anche l’assedio di Sirte non piace ai politici di Tobruk. Spiegano: «Serraj lo strumental­izza per guadagnare punti di fronte agli occidental­i. Ma dimentica che è proprio a Bengasi e Derna che si combatte con più determinaz­ione contro Isis».

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