Votata la sfiducia a Serraj Colpo all’unità della Libia
Il premier di Tripoli da giorni a Tunisi. E l’Egitto di Al Sisi ribadisce l’appoggio ad Haftar
(Nella foto, un combattente libico sotto i colpi dell’Isis a Sirte)
DAL NOSTRO INVIATO
Dopo otto mesi di silenzio, il Parlamento di Tobruk si è riunito ieri per votare una mozione di sfiducia mirata sostanzialmente a delegittimare il premier Fayez al Serraj e il suo gabinetto di «Accordo Nazionale». Un colpo duro per Serraj, l’uomo scelto delle Nazioni Unite, con l’Italia in testa, che avrebbe dovuto lavorare per l’unità nazionale e portare finalmente una ventata di stabilità in questa Libia divisa da milizie in guerra, lotte tribali e ingerenze straniere destinate ad aumentare i contrasti interni. Serraj stesso si trova al momento a Tunisi assieme ad alcuni dei suoi 17 ministri, formalmente per incontri di routine, ma in realtà e in particolare l’Italia avrebbero dovuto ascoltare con maggiore attenzione le voci di crescente malcontento. «La Libia è in mano alle milizie. Trionfa la logica brutale. Abbiamo bisogno di un leader molto più carismatico che non Serraj. Sotto di lui a Tripoli sta tornando il caos. Voleva porsi al di sopra delle milizie, ma in realtà le sfrutta nella falsa speranza di poter controllare gruppi di potere e forze armate che gli sono sfuggiti di mano», spiega.
Si apre un futuro incerto. I centri urbani sulla costa della Tripolitania sono letteralmente invasi di migranti disperati e pronti a tutto pur di imbarcarsi sui navigli dei trafficanti di esseri umani verso l’Italia. Impera la desolante realtà di tribù e città-Stato per lo più in lotta tra loro. Quella di Misurata sta raccogliendo i risultati della guerra contro Isis sempre più accerchiato nella sua roccaforte di Sirte, anche grazie all’aiuto militare fornito dagli Stati Uniti, che dai primi di agosto bombardano la città con raid accurati.
Ieri è stato liberato il quartiere dove si trova una delle prigioni di Isis. Ma va anche aggiunto che la grande maggioranza dei militanti più fanatici è da tempo riuscita a fuggire dalla sacca. Per stessa ammissione dei portavoce di Misurata, a Sirte sono ora circondati un largo numero di ex sostenitori di Gheddafi. «I capi li conosciamo. Vecchi militari del regime del Colonnello come Al Karami, Al Zarguni e Al Juhani, che ci avevano combattuto durante la rivoluzione del 2011», dice il colonnello Mohammad al Ghasri.
In questa luce, anche l’assedio di Sirte non piace ai politici di Tobruk. Spiegano: «Serraj lo strumentalizza per guadagnare punti di fronte agli occidentali. Ma dimentica che è proprio a Bengasi e Derna che si combatte con più determinazione contro Isis».