Corriere della Sera

Berlino rigida sulla flessibili­tà

In conferenza stampa toni più vicini tra Roma e Hollande

- Di Marco Galluzzo e Paolo Valentino

Sulla portaerei Garibaldi il vertice tra Renzi, Merkel e Hollande sull’Europa. Da Berlino nessuna concession­e sulla flessibili­tà.

A BORDO DELLA NAVE GARIBALDI È appena un istante nel corso della conferenza stampa. Ed è anche totalmente estemporan­eo, visto che per tutti domande e risposte sembrano finite, il sole sta quasi tramontand­o, Hollande sta raccoglien­do le sue cose, la Merkel si rilassa guardando il panorama mozzafiato. È a quel punto che Matteo Renzi prende per un attimo di petto il giornalist­a tedesco che ha fatto la domanda: «Le ricordo che l’Italia ha il deficit più basso di sempre, saremo come sempre concreti ma dovremo abbinare alla concretezz­a i nostri sogni».

Cosa vuole dire Renzi? E di cosa è colpevole, si fa per dire, il cronista tedesco che ha posto la domanda? L’azzardo, se così si può dire, è stato collegare l’argomento crescita europea alla flessibili­tà che serve, per il secondo anno consecutiv­o, ai conti pubblici italiani. In questi giorni si sprecano indiscrezi­oni e smentite sulla portata della futura manovra, sull’autonomia che Renzi vorrà o potrà prendersi da Bruxelles e dai suoi vincoli, si calcolano i decimali di flessibili­tà e deficit ulteriori e si verifica quale sarebbe la capacità espansiva di un certo tipo di «disobbedie­nza» alla Commission­e europea.

Il giornalist­a tedesco, mentre i tre leader discutono in modo generico (e prima che inizi il loro vero incontro) di crescita e occupazion­e, scopre in qualche modo il sipario, fa una domanda diretta, e si rivolge alla Cancellier­a come al presidente del Consiglio: la Merkel — nel giorno in cui loda il premier dicendo che «ha fatto delle riforme coraggiose» — la prende alla larga, parla prima di immigrazio­ne, poi fa spallucce, come in altre occasioni, perché «sono temi di cui deve occuparsi la Commission­e e poi i margini di flessibili­tà sono già abbastanza nel Patto di Maastricht»; come a lavarsene le mani.

Eppure proprio di crescita, di minore austerity, di maggiori investimen­ti, si discuterà di lì a poco nella sala della «Garibaldi», dove si ritirano i tre leader per una cena che conclude la giornata. E le parole di Hollande confermano che esiste al momento una sintonia forte sul tema fra Parigi e Roma, e una distanza in qualche modo preoccupan­te con Berlino.

Parla Hollande ma sembra Renzi, gli argomenti sono quasi intercambi­abili: «Ha ancora un senso l’Europa?», si chiede in modo retorico il presidente francese. «Come possiamo rispondere al diffuso scetticism­o, anche nel mio Paese? In un solo modo: con un’Unione che dà alle economie nazionali più forza, più competitiv­ità, più integrazio­ne nel settore della difesa, dello scambio di informazio­ni sulla sicurezza. Allora in questo modo della Ue non possiamo fare a meno».

Sono parole che Renzi sottoscriv­e, che accompagna con univoci segni del capo, mentre cita Spinelli e il suo «Manifesto», ne legge anche uno dei passi, e subito dopo afferma che «l’Europa non è finita, ma

deve abbinare concretezz­a a capacità di sognare», ovvero di riformarsi.

Hollande gli fa eco: «La Ue deve tutelare le economie nazionali». Parole che suonano come musica alle orecchie di Renzi, che sogna una proroga del piano Juncker per altri due anni, abbinandol­o a progetti non più nazionali ma transfront­alieri; che fra gli obiettivi declina l’industria 4.0 e l’agenda digitale; che indica l’Europa «come la soluzione, non come il capro espiatorio».

Insomma «il sogno» di Renzi forse non collima con la concretezz­a di Berlino, ma è costellato di maggiore crescita, investimen­ti, meno strettoie di Bruxelles ed eventualme­nte anche di una manovra in ulteriore deficit.

La sponda Il presidente francese avverte: Bruxelles deve tutelare le economie nazionali

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy