Corriere della Sera

Kamikaze bambino, ora la Turchia fa marcia indietro E i curdi diffondono il filmato di un presunto baby attentator­e con l’esplosivo sotto la maglia di Messi

- Marta Serafini

per motivi di sicurezza personale acuiti adesso dalla nuova crisi politica.

Conseguenz­a immediata è che si consolida la figura del generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa a Tobruk, uomo forte della Cirenaica sostenuto apertament­e dall’Egitto del presidente Al Sisi. Non a caso ieri dal Cairo è giunta subito una calda dichiarazi­one di plauso alla mossa del Parlamento.

Il voto di Tobruk era atteso da mesi. «Mi auguro che si riuniscano e approvino il mio governo e il nostro lavoro il prima possibile. So di godere della loro maggioranz­a. Ma nel frattempo non posso restare con le mani in mano, il Paese va a rotoli», ci aveva dichiarato ottimista in una lunga intervista lo stesso Serraj nel suo ufficio a Tripoli due settimane fa. Il risultato, però, è per lui una doccia fredda.

Ieri si sono riuniti 102 dei

Vittime e carnefici involontar­i della stessa guerra. A distanza di due giorni si allunga la fila delle bare a Gaziantep, in Turchia: 22 dei 54 morti dell’attentato di sabato hanno meno 16 anni. Numeri che non rendono l’idea del dolore di Emine Ayhan una madre che ha perso 4 dei suoi 5 figli nell’esplosione. «Mi sarei uccisa se almeno uno non fosse sopravviss­uto», dice piangendo. A farsi esplodere in mezzo alla festa, aveva detto il presidente Erdogan, è stato un bambino kamikaze. Versione che però ieri è stata smentita dal premier Binali Yildirim che ha spiegato: «Non sappiamo se sia un adulto o un bambino».

Dalla Turchia si passa all’Iraq, dove a Kirkuk la polizia 182 parlamenta­ri. «La nostra costituzio­ne attesta che il quorum minimo affinché un voto sia legale è 98. Almeno 61 si sono espressi contro Serraj e 39 si sono astenuti. Ora lui verrà destituito. A noi restano due strade: scegliamo un nuovo premier che a sua volta designerà il suo gabinetto, oppure eleggiamo un premier e due vice che in accordo col Parlamento troveranno una nuova formula di governo», ci ha detto per telefono da Bengasi il deputato Keralla Turkawy.

A parere di Hassan Mihanna, a sua volta deputato di Bengasi, la comunità internazio­nale ha fermato un adolescent­e prima che si facesse saltare o che qualcuno attivasse l’innesco. A nascondere la cintura esplosiva, una maglietta con i colori del Barcellona e il numero 10, quello di Leo Messi. «Ha raccontato di essere stato rapito da due uomini con il volto coperto che gli hanno piazzato addosso la carica», dirà poche ore dopo Chato Fadhil Humadi, ufficiale dei servizi di Kirkuk. Al di là delle parole, c’è Arrestato Il fermo immagine preso da un video della tv Nrttv mostra le forze di polizia che disarmano e arrestano un bambino con indosso una cintura di esplosivo nascosta da una maglietta del giocatore Messi a Kirkuk (ANSA/Nrttv) quello sguardo stravolto, mentre gli agenti lo placcano, le urla quando la folla inferocita si avventa su di lui.

Per uno che si salva, muoiono in centinaia. Nei canali Telegram della propaganda di Isis non passa giorno che non venga pubblicata la foto di un giovane martire. «A differenza della Nigeria dove Boko Haram usa anche le bambine, Isis preferisce i maschi come piccoli shahid (martiri, ndr)», spiega Jacob Olidort, ricercator­e del Washington Institute for Near East Policy e autore di uno studio sulla radicalizz­azione dei minori. Figli rapiti o sottratti alle famiglie con la promessa di un futuro migliore. Oppure orfani, che la guerra ha lasciato su una strada. Nelle scuole del cosiddetto Stato Islamico ogni materia è finalizzat­a al lavaggio del cervello. Per insegnare a contare si usano domande come «Se lo Stato Islamico ha 275.220 eroi in battaglia e gli infedeli ne hanno 356.230 chi ne ha di più?». Nei campi di addestrame­nto alle giovani reclute vengono fornite bambole per esercitars­i nelle decapitazi­oni. Ma soprattutt­o viene insegnato che se qualcuno ti ordina di morire, disobbedir­e non è permesso. «Sono la “jihadi generation” di domani», spiega Olidort. Che, tradotto, significa nuova carne da sacrificar­e per togliere altre vite.

@martaseraf­ini

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