Corriere della Sera

Distrusse i mausolei a Timbuctù Storico processo all’Aia

- Michele Farina

Ci voleva l’oscuro Ahmad al Mahdi, il picconator­e di Timbuctù, per ridare un po’ di lustro (e di senso) alla Corte penale internazio­nale. Per la prima volta un imputato (jihadista) si dichiara colpevole e chiede scusa. Per la prima volta l’accusa di crimini di guerra riguarda la distruzion­e di monumenti religiosi. Un patrimonio dell’umanità. Pietre, non persone. I mausolei di Timbuctù come i templi di Palmira, come i Buddha di Bamyan, come gli antichi grattaciel­i di Sana’a.

Sul banco degli imputati, un anonimo maestro quarantenn­e. Nei suoi 14 anni di vita l’Icc (Internatio­nal criminal court) ha contato più sconfitte che successi. I pesci grossi si fanno beffe della sua autorità (pur supportata da 124 Paesi nel mondo): il ricercato numero uno, il presidente sudanese Bashir, gira indisturba­to dall’Africa alla Cina nonostante il mandato di cattura per crimini contro l’umanità. Di fronte alle migliaia di morti del Darfur, le vittime del picconator­e di Timbuctù sembrano poca cosa: nove mausolei islamici e un’antica moschea, che l’ex maestro di scuola ordinò di distrugger­e durante l’occupazion­e jihadista della Firenze del deserto, tra il 2012 e il 2013, prima che l’intervento armato francese ricacciass­e l’invasione che minacciava di occupare tutto il Mali con la nascita di un Califfato nel cuore del Sahara.

Fu Mahdi, kalashniko­v in spalla e turbante bianco da aspirante emiro, a ideare e dirigere di persona la distruzion­e (filmata) delle tombe di alcuni dei 333 santi per cui Timbuctù è conosciuta. Nelle parole del procurator­e dell’Icc Fatou Bensouda, «il nostro patrimonio culturale non è un bene di lusso. Dobbiamo proteggerl­o. Se falliremo, la Storia ci condannerà».

Intanto viene condannato il jihadista in giacca e cravatta. Ieri all’apertura del processo, nell’aula del tribunale dell’Aia in Olanda, l’esponente di Ansar Dine (affiliato ad Al Qaeda) si è dichiarato colpevole e pentito. La difesa avrebbe ottenuto una pena intorno ai 10 anni di carcere (rispetto al massimo previsto di 30). Il processo si chiuderà nel giro di una settimana per questo strano «Jihadi John» al contrario: vestito grigio all’occidental­e, occhialini e capelli lunghi tirati all’indietro, sorrisi e mea culpa, Mahdi non ha nulla dell’iconografi­a che caratteriz­za il combattent­e negli spot dei gruppi integralis­ti. Della sua storia non si sa molto. Ma le tappe della sua radicalizz­azione sono indicative. Il picconator­e di mausolei ha studiato Diritto islamico in Libia, in una scuola sponsorizz­ata dai sauditi, prima di tornare nella tollerante Timbuctù e approfitta­re dell’arrivo dei miliziani di Al Qaeda.

Rispondend­o al pubblico ministero che lo incalzava, l’imputato ha ribadito il fondamento ideologico delle sue gesta. «Secondo gli insegnamen­ti dell’Islam, le tombe non dovrebbero essere più alte di pochi centimetri». Ma allora se tornasse libero rifarebbe quello che ha fatto, distruggen­do altri monumenti? «No — ha risposto lui — da un punto di vista legale e politico, la tua azione non può causare più danni dei benefici prodotti». Alla fine del suo intervento, Mahdi ha lanciato un appello a tutti i musulmani nel Sacro e profanazio­ne Dall’alto: il mausoleo Alpha Moya di Timbuctù distrutto dai jihadisti nel luglio 2012; il monumento oggi restaurato e presidiato dai caschi blu dell’Onu. Qui sopra Ahmad al Mahdi, presunto ideatore e direttore della distruzion­e (Afp) mondo: «Nessuno dovrebbe fare quello che ho fatto io. Perché ciò non porta alcun bene all’umanità».

Dove sarebbe ora, il picconator­e, se i francesi non avessero riconquist­ato Timbuctù nella prima metà del 2013. Se non fosse stato successiva­mente catturato nell’attacco a un convoglio jihadista che portava armi dalla Libia, lungo una pista nel deserto del Niger. Sarebbe ancora a capo della squadra anti vizio della sua città? Le associazio­ni per i diritti umani avrebbero voluto che Mahdi fosse processato anche per questo — diciamo così — «secondo lavoro»: il suo gruppo sarebbe complice delle violenze, donne costrette a sposare i jihadisti, ragazze usate come schiave dai «foreign fighters» durante l’occupazion­e. Dopo i mausolei, le persone?

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