Corriere della Sera

Il boom di Agraria E 70 mila giovani sono tornati alla terra

- Alessandra Dal Monte

L’ultima (buona) notizia è arrivata qualche giorno fa, dalla Coldiretti: record per lo spumante italiano all’estero. Le bollicine made in Italy hanno segnato un più 25% di vendite tra gennaio e aprile. E anche in questa Italia ferma, a crescita zero, secondo i dati Istat diffusi a metà agosto, il settore agroalimen­tare ha dimostrato di non perdere colpi. Le esportazio­ni di prodotti agricoli sono aumentate. E che dire dei risultati del «Food travel monitor», studio internazio­nale che individua le mete enogastron­omiche più apprezzate? L’Italia è prima tra undici Paesi, seguita da Francia e Giappone, con tedeschi, cinesi e americani tra i fan più affezionat­i. Niente male come leva di sviluppo, se è vero che oggi un viaggiator­e su due sceglie la meta in base a quello che potrà mangiare, e solo dopo valuta monumenti e paesaggi. Insomma, è lampante che il vero tesoro italiano, oltre al patrimonio culturale, è ciò che mettiamo nel piatto (e tutta la filiera che ci sta dietro). Ed è chiaro che servono talenti per conservarl­o e accrescerl­o, questo tesoro. Pare che i giovani stiano rispondend­o alla chiamata: sono in crescita gli iscritti alle facoltà di Agraria, passati dal 2,2 per cento del 2006 al 3,4 per cento di oggi (fonte Agenzia nazionale di valutazion­e del sistema universita­rio). I lavoratori agricoli under 35 sono aumentati del 35 per cento in dodici mesi: un esercito di 70 mila giovani «tornati alla terra» (fonte Coldiretti). I giovanissi­mi, invece, desiderano andare in cucina: gli istituti alberghier­i sono stati presi d’assalto negli ultimi anni. Tanto da arrivare a picchi irripetibi­li: quest’anno gli iscritti sono scesi a 41 mila, dai 48 mila del 2014. «Una contrazion­e fisiologic­a, eravamo arrivati a cifre eccessive, queste sono più realistich­e e gestibili — spiega Ilario Ierace, presidente della Rete nazionale alberghier­i —. Comunque resta l’istituto profession­ale preferito dai ragazzi grazie al traino della tivù, dell’Expo e della crisi, che ne ha messo in luce gli sbocchi». Infine ci sono le aziende, che oltre a vendere i prodotti italiani nel mondo cercano di diffondern­e la cultura. Come l’Università del caffè di Illy, che dal 1999 racconta la tradizione dell’espresso in 25 Paesi. O i corsi di pizza organizzat­i dai locali italiani a New York. Tutti modi per conquistar­e nuovi palati. E quindi nuovi, affezionat­issimi, turisti.

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Scrupolo Nell’ultimo anno i lavoratori agricoli «under 35» sono aumentati del 35%

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