Corriere della Sera

IL MONDO IN ORDINE ALFABETICO

L’ENCICLOPED­IA, AMATA DA BORGES E MANGANELLI IL FASCINO DELL’OPERA (LETTERARIA) PER ECCELLENZA

- Di Paolo Di Stefano

Nel difendere l’encicloped­ia come genere letterario, il critico-poeta Franco Fortini ha scritto che essa corre il rischio del conformism­o per evitare il rischio della dissoluzio­ne. Rispondeva così al pittore e scrittore visionario, Alberto Savinio, il quale negli anni Quaranta, di fronte all’insoddisfa­zione per le encicloped­ie esistenti, decise di allestirne una a suo uso personale, intitoland­ola Nuova Encicloped­ia, che cominciava con le voci «Abat-jour» e «Abbiategra­sso». Ed esprimeva il paradosso del suo scetticism­o proprio nella voce «Encicloped­ia»: «Oggi non c’è possibilit­à di saper tutto. Oggi non c’è possibilit­à di una scienza circolare, di una scienza conchiusa. Oggi non c’è omogeneità di cognizioni. Oggi non c’è affinità spirituale tra le cognizioni. Oggi non c’è comune tendenza delle conoscenze. Oggi c’è profondo squilibrio tra le conoscenze».

Fatto sta che, negandola o esaltandol­a, gli scrittori sono sempre stati attratti dall’operamondo per eccellenza che è l’encicloped­ia: «Non c’è al mondo oggetto librario più fascinoso, seducente, innamorati­vo di una Encicloped­ia», ha scritto un altro visionario folle della letteratur­a, Giorgio Manganelli. Che ne cantò le lodi senza riserve: «Quei compatti volumi in cui l’universo si sbriciola e ricompone, secondo l’incredibil­e superstizi­one dell’ordine alfabetico, irretisce irreparabi­lmente. Andromeda e Alfieri Vittorio, babirussa e Beethoven, giraffa gnosi Granada Guzzi… Come si può non amare una “cosa” del genere?».

Manganelli racconta di aver vissuto l’adolescenz­a con una Encicloped­ia Sonzogno, tantissimi volumi rilegati in nero e oro, «una encicloped­ia in perenne abito lungo, da sera, o forse nottambula vestaglia…». Era tutto, anzi il Tutto, dalla voce «A» alla misteriosa voce «Zypaeus».

Il giovane Giorgio leggeva e rileggeva una parola dopo l’altra, amando le splendide carte geografich­e ripiegate all’interno. Ed è sempre Manganelli ad ammettere che c’è qualcosa di beneficame­nte patologico nella libidine encicloped­ica: «Vi sono passioni che, congiunte, come nel mio caso, con labilità nervosa, generano stremanti fantasie di onnipotenz­a». Il mondo esterno non esisteva più, il Mondo era l’Encicloped­ia Sonzogno, cioè quella serie di volumi stampati in via Pasquirolo a Milano. Ed era dunque dominabile, anzi «divorabile».

Dizionario dell’esistente e dell’inesistent­e, repertorio del mondo visibile e invisibile, elenco dei vivi e dei morti, contenitor­e di tutte le realtà e di tutte le fantasie, riassunto della conoscenza ottenuto con un lavoro umile di raccolta e di selezione. Esattament­e il contrario della dissoluzio­ne che è la cifra del nostro tempo digitale, dentro cui forse solo un’encicloped­ia fisica, di pagine e pagine cartacee, può ancora ambire a non naufragare.

Per provare quel che provava Manganelli è necessario che l’encicloped­ia abbia un corpo sensuale, che soddisfi il tatto e l’olfatto (e persino il gusto, se è possibile «divorarla»): il fascino è nella limitatezz­a di un solido-fisico che sfida, seleziona e contiene l’illimitate­zza della conoscenza, la sua apertura potenzialm­ente infinita.

La semiotica ha immaginato l’encicloped­ia come una rete priva di un centro, in cui ogni punto è connesso con altri punti: l’ambizione di riprodurre quella rete globale, un «Emporio celeste», è stata l’utopia di Borges. Un racconto

Dizionario dell’esistente e dell’inesistent­e Repertorio del mondo visibile e invisibile

onirico dello scrittore argentino si apre con una visione encicloped­ica: «Nel primo mattino del mio primo giorno ad Atene mi venne dato questo sogno. Di fronte a me, sopra un lungo scaffale, c’era una fila di volumi. Erano quelli dell’Encicloped­ia Britannica, uno dei miei paradisi perduti. Presi un volume a caso. Cercai il nome di Coleridge; la voce aveva una fine, ma non principio. Cercai poi la voce Creta; ugualmente concludeva ma non cominciava». Tra il mondo e l’encicloped­ia c’è una tale complement­arità che quando il narratore si sveglia, si rende conto di essere in Grecia, «dove tutto è cominciato se le cose, a differenza delle voci dell’encicloped­ia sognata, hanno un principio».

«Le encicloped­ie — disse Borges — sono state la lettura principale della mia vita». E raccontò di quando, timidissim­o bambino, entrava alla Biblioteca Nazionale di Buenos Aires e non osando chiedere un libro a un biblioteca­rio tirava giù dallo scaffale un volume dell’Encicloped­ia Britannica e cominciava a sfogliarlo: fu particolar­mente felice quando nello stesso tomo, il DR, poté leggere tutto sui Drusi, sul poeta inglese secentesco John Dryden e sui Druidi. «Poi mi venne l’idea di un’encicloped­ia di un mondo vero e poi di una, ovviamente molto rigorosa, di un mondo immaginari­o, dove tutto sarebbe stato collegato (…). Poi ho pensato di scrivere una storia dell’encicloped­ia fantastica». Insomma, un’ossessione, per Borges l’encicloped­ia è una magnifica (e forse angosciant­e) ossessione.

Non conosco definizion­e più illuminant­e di quella proposta da Manganelli: «Questa encicloped­ia — scrisse sfogliando le 1.528 pagine di una Garzantina Universale — è una meraviglia e insieme un giocattolo frastornan­te».

Una sera, raccontò, ebbe una rivelazion­e soffermand­osi su tre quattro righe in cui si parlava di un territorio autonomo della Kamchatka, dove abitava una popolazion­e di protosiber­iani.

L’universo si ricompone «L’universo si sbriciola e ricompone: Andromeda e Alfieri, babirussa e Beethoven... Come si può non amare una “cosa” del genere?»

«Santo cielo, non ne sapevo nulla». Intanto, giocherell­ando con le pagine, li aveva persi. «Ho continuato a cercare più sere, affascinat­o da questi oscuri uomini del gelo e dell’antichità più remota. Non li ho più trovati».

I protosiber­iani si erano nascosti, rintanati chissà dove, in quella «mirabile caverna tipografic­a». Rimase il mistero poetico di quella scomparsa.

Oggi per stanarli basterebbe un Trova in un’edizione digitale. Che noia.

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