Giorgio Pressburger, la fede e un «modesto invito»: il Papa veda il nostro film
«Tenterò di mettere da parte ogni finzione e di essere il più sincero possibile»: l’uomo sullo schermo è appena uscito da teatro, dove ha assistito alla rappresentazione dei Fratelli Karamazov. Tra dubbi e tormenti, si mette alla ricerca dei segni della propria fede. Quell’uomo è Giorgio Pressburger, scrittore, critico e regista nato a Budapest nel 1937, protagonista del film che il regista triestino Mauro Caputo (42 anni) ha tratto dal suo libro Sulla fede. Si intitola Il profumo del tempo delle favole e il 6 settembre sarà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia come evento speciale delle Giornate degli Autori (ore 21.30, Villa degli Autori). La speranza è che questa riflessione artistica, personalissima e condivisa, possa raggiungere i capi delle principali religioni. «Chi ha visto il film — spiega il regista — ci invita a mostrarlo al Papa e alle più importanti personalità religiose del mondo». Dalla visione, aggiunge Pressburger, si spera possa nascere una «piccola discussione su che cosa sia la fede e dove possa portare in un momento storico come quello che stiamo vivendo».
Sono passati dodici anni da quando Giorgio Pressburger ha dato alle stampe per Einaudi Sulla fede, un libro «lungo meno di cento pagine» che conteneva riflessioni e interrogativi sulla questione del male e della sofferenza. «Quel volume nasceva dalla mia esperienza personale — racconta adesso l’autore — di persona vivente e di persona appartenente a una religione perseguitata come l’ebraismo. Fin da subito si è capito che il tema poteva diventare molto urgente e ora, dopo dodici anni lo è».
Ed ecco nascere Il profumo del tempo delle favole, la terza collaborazione cinematografica tra Mauro Caputo e Giorgio Pressburger, dopo un documentario sulla vita dell’autore (Messaggio per il secolo, 2013) e un film tratto da una sua raccolta di racconti (L’orologio di Monaco, 2014, presentato alla Festa del Cinema di Roma). Caputo non si è limitato a portare sullo schermo il testo di Pressburger (accompagnato dalle musiche originali di Alfredo Lacosegliaz e dalle immagini dell’Istituto Luce su processioni e manifestazioni religiose in Italia e nel mondo) ma ha voluto che lo stesso autore vi comparisse come attore e che fosse lui stesso a dare voce (e corpo) a quel «racconto molto personale». «Ci sono episodi della mia vita — chiosa lo scrittore — e riflessioni sul dove possa venire questa cosa che chiamiamo fede». Che non è solo la fede religiosa, «bensì la fede in un ideale, in un convincimento politico o morale, in una corrente artistica, in un’idea scientifica, fede nella giustizia, nella solidarietà umana, nella verità».
Nella multiculturale e multietnica Trieste, dove sorgono luoghi di culto diversi e dove ci sono nove camposanti per altrettante fedi, Pressbuger compare anziano (se stesso), adulto (Daniele Tenze) e bambino (Antonio Cacace). E allora una storia intima di ricerca, tra paure infantili (la madre che per tre volte tenta il suicidio davanti ai figli, il minaccioso ripostiglio popolato di spettri), menzogne dell’età adulta e il sostegno di compagni di viaggio come Dostoevskij e Kafka, non riguarda più un solo uomo.
«Pressburger affronta in modo personale un tema universale», sottolinea Mauro Caputo. E dipana la riflessione su una fede «che nasce dal terrore, non dall’amore», come esorcismo contro le paure, ma che spesso rischia di diventare strumento di violenza, riguarda da vicino il periodo che stiamo vivendo. «La nostra speranza — ribadisce il regista insieme con Pressburger — è davvero quella che Bergoglio e altre figure di ogni credo possano vederlo. Il nostro modesto invito è che dalla visione del film possa nascere una discussione feconda».
Giorgio Pressburger aveva scritto il libro per condividere «le riflessioni di un uomo di oggi che ha sofferto a causa della persecuzione religiosa». Ora il film si propone come occasione per una «piccola discussione su che cosa sia la fede, dove può portare, se la fede implichi delle azioni oppure no. Grandi quesiti che oggi risultano veramente importanti, visto anche i mesi che abbiamo passato».