La tragedia di chi torna al paese per le vacanze
C’è un elemento che ricorre in questa ennesima catastrofe italiana e che stende sulle macerie un velo di colore più familiare (e antico) del solito. È l’elemento della vacanza estiva che spesso significa ritorno al paese, al paese dei padri, delle madri, dei nonni, degli zii, dei cugini. Ritorno dalle città, in cui si lavora durante l’anno, al paese in cui si è nati: un paese immutato, sempre uguale a se stesso, il posto ideale in cui fare esercizio di nostalgia e/o di snobismo metropolitano. «Ad Arquata — ha detto il presidente della Regione Marche — c’erano gruppi di persone rientrate nei luoghi d’origine per le ferie». Sono i luoghi periferici e nascosti, estranei ai centri pullulanti del turismo di massa o d’élite, in cui le ferie si chiamano ancora villeggiatura e i turisti villeggianti. Sono i paesi (magari lasciati anni fa) in cui ci si ritrova ogni anno, nelle stesse settimane, con le stesse abitudini, negli stessi luoghi sacri (la piazza, la panchina, il caffè, l’osteria, i giardini, il cinema all’aperto se va bene), con la ripetitività insieme annoiata e allegra delle famiglie che vedono (con finto stupore) i rispettivi figli crescere e diventar grandi. È l’Italia delle Pro Loco, dei comitati di paese, delle sagre, della pista da ballo e del karaoke, delle riffe paesane, dei mercatini, delle bancarelle, delle giostre e delle feste patronali. L’Italia dei nonni ai quali vengono affidati per settimane i nipotini mentre mamma e papà restano in città a lavorare per riaffacciarsi nel fine settimana. Pescara del Tronto d’inverno è abitata da non più di cento persone, mentre in questo periodo agostano i numeri dei residenti si moltiplicano, le case disabitate in inverno vengono aperte e date in affitto, le serate si riempiono di folla e di coni gelato: magari per una esotica danza del ventre con le sei «Sirene del Nilo», lo spettacolo della scorsa domenica, cui erano caldamente invitati a partecipare grandi e piccini. L’estate in cui, ad Amatrice, sabato e domenica prossimi si prevedeva di festeggiare alla grande i cinquant’anni dei bucatini pomodoro pecorino e guanciale (a chilometro zero) battezzati con il toponimo della provincia di Rieti. Le «piccole vacanze», come le chiamò Arbasino alla fine degli anni 50, dove il pomeriggio è, oggi come allora, troppo azzurro e lungo per chi sogna il mare.