Corriere della Sera

Crolla la facciata di San Francesco L’arte e la cultura ancora ferite

Danni agli affreschi del ‘600 ad Amatrice. Crepe nella struttura del Duomo di Urbino

- Paolo Conti

A sinistra, nella foto qui a fianco, la basilica di San Francesco ad Amatrice, tratta da Google Street View. A destra lo stato della stessa chiesa di San Francesco dopo il forte sisma dell’altra notte. Sotto, i danni causati dal terremoto a San Pellegrino Norcia

Il terremoto ha colpito duramente anche il patrimonio storico-artistico: l’Italia è un immenso museo diffuso, la ferita era inevitabil­e. I danni più gravi, risulta alla Segreteria generale del ministero dei Beni culturali, sono ad Amatrice. Crollato il museo civico «Cola Filotesio», che accoglieva il reliquiari­o della Madonna di Filetta e le croci procession­ali di Pinaco-Arafranca e Preta del XV secolo. Devastata la facciata della Basilica di San Francesco del XIII secolo: probabili i crolli degli affreschi seicentesc­hi, incerta la sorte dell’affresco trecentesc­o col Giudizio Universale dell’altare.

Danni rilevanti anche alla chiesa di Sant’Agostino, il tetto e il rosone sono scomparsi, l’edificio risale al 1428. Crollata la porta di Sant’Agostino. Forti lesioni alla chiesa di San Benedetto a Norcia, della fine del XIV secolo, e alle mura cittadine medioevali.

La prefettura di Perugia ha chiesto sopralluog­hi a edifici religiosi di Monteleone di Spoleto, Cascia, Cerreto di Spoleto e Spoleto. Registrate piccole crepe nella struttura esterna di mattoncini del Duomo di Urbino, che è stato completame­nte transennat­o: l’ultimo restauro risale al terremoto del 1997. Non si segnalano invece danni al Palazzo Ducale. Il personale dei Beni culturali (restaurato­ri e tecnici) potrà attivarsi sul territorio solo alla fine dello sciame sismico, per motivi di sicurezza. Ma, come ha spiegato ieri Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali, sono già state attivate le unità di crisi delle quattro regioni colpite e oggi, giovedì, alle 11 si riunirà l’Unità di crisi nazionale. Ed è sempre Recchia ad annunciare che sul territorio sono già attivi i carabinier­i del Nucleo tutela patrimonio culturale «per evitare i danneggiam­enti prodotti dall’uomo, soprattutt­o i fenomeni di sciacallag­gio a danno dei beni ecclesiast­ici».

Perché nei terremoti succede anche questo: molti arredi, tele, candelabri e ostensori possono finire sul mercato clandestin­o di opere d’arte. Il ministro Dario Franceschi­ni ha deciso anche l’invio dei Caschi Blu della cultura, il contingent­e speciale italiano fondato recentemen­te proprio per affrontare interventi in aree di crisi.

Il luogo per il ricovero delle opere d’arte è già stato individuat­o, come spiega il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, coordinato­re dell’Unità di coordiname­nto nazionale dei Beni Il profilo Corrado Longa, architetto urbanista. Lavora a Milano, ma risiede a Spelonga, frazione di Arquata del Tronto Lo conferma al telefono il vicesindac­o di Arquata, Michele Franchi: «Sono crollate anche case ed edifici nuovi. I piccoli comuni con la Spending review hanno meno soldi, anche per la ristruttur­azione. Dove c’è stata, l’edificio ha retto, ma è stato comunque danneggiat­o: quando la scossa è di tale intensità è difficile evitare il peggio».

Insomma: i danni potevano essere ridotti, ma la sensazione che emerge è di impotenza. «Quando la scossa è così forte, anche la messa in sicurezza ha dei limiti — ammette Longa —. I paesi colpiti sono piccoli e densi di edifici, alcuni abbandonat­i: un rudere in mezzo a case nuove, quando crolla, trascina a catena anche queste o almeno le danneggia. Resta il fatto che la gran parte delle case crollate non erano in sicurezza: culturali: «Potrebbe essere l’archivio di Stato di Rieti. Lì troveranno ricovero le opere colpite ma anche gli archivi delle antiche parrocchie e delle piccole chiese, che spesso hanno registri di battesimi, matrimoni e morti del ‘500 e del ‘600, autentici tesori che rischiereb­bero di deteriorar­si. Il locale sarà attrezzato come una vera clinica». Ciò che sarà complesso recuperare, sostiene Carapezza Guttuso, è «la lettura del complesso tessuto urbanistic­o amatrician­o, con la sua edilizia povera». Più ottimista Alessandro Viscoglios­i, professore ordinario di Storia dell’architettu­ra antica e medievale alla facoltà di Architettu­ra de «La Sapienza», impegnato con i suoi studenti Secondo il prefetto Guttuso sarà difficile recuperare il tessuto urbanistic­o di Amatrice

La difficoltà

in un corso di Storia dell’urbanistic­a di Amatrice: «La splendida griglia urbanistic­a duecentesc­a appare intatta, e se davvero partirà un sensato progetto di ricostruzi­one sarà possibile un ripristino. I crolli delle chiese riguardano i restauri degli anni Cinquanta che sembrano aver protetto le parti più antiche. La porta di San Francesco è crollata, certo, ma sarà ricostruib­ile grazie alla nostra recentissi­ma campagna fotografic­a». in alcuni casi perché la popolazion­e è anziana e sola, in altri perché le case sono in multipropr­ietà o sono case di villeggiat­ura, sulle quali spesso si decide di non intervenir­e».

Longa risponde al Corriere della Sera osservando la città fantasma di Pescara del Tronto. «Dall’alto Pescara è una discarica di macerie: non c’è più nulla». La frazione marchigian­a si trova su un pendio scosceso: «Oltre alla questione edilizia c’è quella geologica. E poi nessuno se l’aspettava: qui il terremoto non c’era mai stato. Ricordiamo tutti quelli di Assisi e dell’Aquila, ora ha colpito noi. Ma un’azione preventiva è sempre auspicabil­e. Quando impareremo che le verifiche bisogna farle prima?».

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