Crolla la facciata di San Francesco L’arte e la cultura ancora ferite
Danni agli affreschi del ‘600 ad Amatrice. Crepe nella struttura del Duomo di Urbino
A sinistra, nella foto qui a fianco, la basilica di San Francesco ad Amatrice, tratta da Google Street View. A destra lo stato della stessa chiesa di San Francesco dopo il forte sisma dell’altra notte. Sotto, i danni causati dal terremoto a San Pellegrino Norcia
Il terremoto ha colpito duramente anche il patrimonio storico-artistico: l’Italia è un immenso museo diffuso, la ferita era inevitabile. I danni più gravi, risulta alla Segreteria generale del ministero dei Beni culturali, sono ad Amatrice. Crollato il museo civico «Cola Filotesio», che accoglieva il reliquiario della Madonna di Filetta e le croci processionali di Pinaco-Arafranca e Preta del XV secolo. Devastata la facciata della Basilica di San Francesco del XIII secolo: probabili i crolli degli affreschi seicenteschi, incerta la sorte dell’affresco trecentesco col Giudizio Universale dell’altare.
Danni rilevanti anche alla chiesa di Sant’Agostino, il tetto e il rosone sono scomparsi, l’edificio risale al 1428. Crollata la porta di Sant’Agostino. Forti lesioni alla chiesa di San Benedetto a Norcia, della fine del XIV secolo, e alle mura cittadine medioevali.
La prefettura di Perugia ha chiesto sopralluoghi a edifici religiosi di Monteleone di Spoleto, Cascia, Cerreto di Spoleto e Spoleto. Registrate piccole crepe nella struttura esterna di mattoncini del Duomo di Urbino, che è stato completamente transennato: l’ultimo restauro risale al terremoto del 1997. Non si segnalano invece danni al Palazzo Ducale. Il personale dei Beni culturali (restauratori e tecnici) potrà attivarsi sul territorio solo alla fine dello sciame sismico, per motivi di sicurezza. Ma, come ha spiegato ieri Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali, sono già state attivate le unità di crisi delle quattro regioni colpite e oggi, giovedì, alle 11 si riunirà l’Unità di crisi nazionale. Ed è sempre Recchia ad annunciare che sul territorio sono già attivi i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale «per evitare i danneggiamenti prodotti dall’uomo, soprattutto i fenomeni di sciacallaggio a danno dei beni ecclesiastici».
Perché nei terremoti succede anche questo: molti arredi, tele, candelabri e ostensori possono finire sul mercato clandestino di opere d’arte. Il ministro Dario Franceschini ha deciso anche l’invio dei Caschi Blu della cultura, il contingente speciale italiano fondato recentemente proprio per affrontare interventi in aree di crisi.
Il luogo per il ricovero delle opere d’arte è già stato individuato, come spiega il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, coordinatore dell’Unità di coordinamento nazionale dei Beni Il profilo Corrado Longa, architetto urbanista. Lavora a Milano, ma risiede a Spelonga, frazione di Arquata del Tronto Lo conferma al telefono il vicesindaco di Arquata, Michele Franchi: «Sono crollate anche case ed edifici nuovi. I piccoli comuni con la Spending review hanno meno soldi, anche per la ristrutturazione. Dove c’è stata, l’edificio ha retto, ma è stato comunque danneggiato: quando la scossa è di tale intensità è difficile evitare il peggio».
Insomma: i danni potevano essere ridotti, ma la sensazione che emerge è di impotenza. «Quando la scossa è così forte, anche la messa in sicurezza ha dei limiti — ammette Longa —. I paesi colpiti sono piccoli e densi di edifici, alcuni abbandonati: un rudere in mezzo a case nuove, quando crolla, trascina a catena anche queste o almeno le danneggia. Resta il fatto che la gran parte delle case crollate non erano in sicurezza: culturali: «Potrebbe essere l’archivio di Stato di Rieti. Lì troveranno ricovero le opere colpite ma anche gli archivi delle antiche parrocchie e delle piccole chiese, che spesso hanno registri di battesimi, matrimoni e morti del ‘500 e del ‘600, autentici tesori che rischierebbero di deteriorarsi. Il locale sarà attrezzato come una vera clinica». Ciò che sarà complesso recuperare, sostiene Carapezza Guttuso, è «la lettura del complesso tessuto urbanistico amatriciano, con la sua edilizia povera». Più ottimista Alessandro Viscogliosi, professore ordinario di Storia dell’architettura antica e medievale alla facoltà di Architettura de «La Sapienza», impegnato con i suoi studenti Secondo il prefetto Guttuso sarà difficile recuperare il tessuto urbanistico di Amatrice
La difficoltà
in un corso di Storia dell’urbanistica di Amatrice: «La splendida griglia urbanistica duecentesca appare intatta, e se davvero partirà un sensato progetto di ricostruzione sarà possibile un ripristino. I crolli delle chiese riguardano i restauri degli anni Cinquanta che sembrano aver protetto le parti più antiche. La porta di San Francesco è crollata, certo, ma sarà ricostruibile grazie alla nostra recentissima campagna fotografica». in alcuni casi perché la popolazione è anziana e sola, in altri perché le case sono in multiproprietà o sono case di villeggiatura, sulle quali spesso si decide di non intervenire».
Longa risponde al Corriere della Sera osservando la città fantasma di Pescara del Tronto. «Dall’alto Pescara è una discarica di macerie: non c’è più nulla». La frazione marchigiana si trova su un pendio scosceso: «Oltre alla questione edilizia c’è quella geologica. E poi nessuno se l’aspettava: qui il terremoto non c’era mai stato. Ricordiamo tutti quelli di Assisi e dell’Aquila, ora ha colpito noi. Ma un’azione preventiva è sempre auspicabile. Quando impareremo che le verifiche bisogna farle prima?».