Roma, rivolta dentro M5S: ora una convention
Gli attivisti vogliono riunirsi dopo il duro post della sorella del presidente del consiglio comunale De Vito Riflettori su Raggi: in giunta oggi nuove nomine dello staff e (forse) il taglio dei «super stipendi»
Se non è una rivolta, poco ci manca. Il post su Facebook di Francesca De Vito, sorella di Marcello, presidente dell’assemblea capitolina, che criticava pesantemente le nomine fatte finora dalla sindaca Virginia Raggi e dal vicesindaco Daniele Frongia, ha scatenato un effetto a catena nella «base» del Movimento Cinque Stelle. Tanto che, adesso, sta prendendo forma un’idea: organizzare una megariunione, coordinata dalla stessa De Vito, di tutti i gruppi romani, quelli che un tempo erano i meetup (cioè le cellule da cui ha preso vita M5S) e che oggi sono circoli municipali.
Un incontro per discutere il «caso Roma», come ormai viene definito da attivisti e militanti che, dopo la straordinaria (anche per dimensioni elettorali) vittoria al Campidoglio si sono trovati a fare i conti con un’altra realtà: gli attivisti della «prima ora», quelli che per anni hanno lavorato nei banchetti tematici o che hanno dato vita al Movimento nei vari quartieri, sono stati messi da parte, lo staff che seguiva i «quattro moschettieri» (erano, all’epoca, Marcello De Vito, Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno: i quattro consiglieri di opposizione eletti nel 2013 quando vinse Ignazio Marino) quasi del tutto accantonato. E, al loro posto, secondo il sentimento diffuso nella base, una serie di figure che o poco c’entrano con M5S oppure che, pur essendo degli attivisti (come Salvatore Romeo, caposegreteria della sindaca), vengono strapagati. Il tutto insomma sarebbe stato fatto in barba ai principi fondanti del Movimento, dell’«uno vale uno», della sempre predicata sobrietà negli emolumenti per le figure di staff. E non è una questione di «poltrone», ma come ha scritto la De Vito nel suo post, di «anima».
Ecco, per gli attivisti il problema è proprio qui. Che con tutta questa serie di innesti «esterni» (la scelta più contestata, specie all’inizio, è stata quella di Raffaele Marra come vicecapo di gabinetto), con le assunzioni di amici o conoscenti (vedi Eric Sanna, caposegreteria di Frongia, suo ex compagno di stanza all’Istat), con la scarsa trasparenza che regna anche sul sito internet del Comune (dove gli emolumenti dei contratti di staff non sono indicati), il Movimento venda un pezzetto della propria anima, in nome della realpolitik che lo dovrebbe/potrebbe portare alla guida del Paese. Eventualità sulla quale in molti, avvicinatisi a M5S, stanno già «facendo la bocca». Negli ambienti «grillini», ad esempio, circola la voce che Marcello Minenna, oggi assessore al Bilancio della Raggi, sarebbe in pole position per fare il ministro dell’Economia di un eventuale governo Di Maio. Prematuro, evidentemente. Ma la base romana, ora, è in rivolta. E molti attivisti hanno notato la netta differenza di comportamento tra Chiara Appendino a Torino e Virginia Raggi a Roma: le due, tra l’altro, si incontreranno domenica prossima, alla festa del Fatto nella Città dell’Altra economia, all’ex Mattatoio di Testaccio. Come ci arriverà Raggi?
Il messaggio Molti militanti della prima ora si sentono messi da parte e non condividono le nomine
Oggi è in programma la giunta, dove sicuramente andranno altre nomine di staff (specie della comunicazione). E i tagli ai super emolumenti? Chissà. Potrebbero anche essere rimandati. Ammesso che si facciano.