Corriere della Sera

Migranti, Prodi critica l’Ue: «Ordine sparso, noi lasciati soli»

L’ex capo della Commission­e: manca un progetto, serve investire in Africa

- Alessandro Trocino

DAL NOSTRO INVIATO

«Sull’immigrazio­ne l’Unione europea ha abbandonat­o l’Italia. Serve un’Europa unita, altrimenti vincerà la paura e le nostre democrazie correranno un grave rischio».

Romano Prodi, presidente della Fondazione per la collaboraz­ione tra i popoli, interviene al Meeting di Comunione e Liberazion­e a Rimini, mostrando tutta la sua preoccupaz­ione per un’Europa che «sta andando in ordine sparso» di fronte al problema dei migranti.

Secondo l’ex premier ed ex presidente della Commission­e europea, serve una politica unica di fronte all’emergenza: «La guerra di Libia sta durando più della Seconda guerra mondiale: ci rendiamo conto dei ritardi che abbiamo? Anche prima della guerra in Libia, l’immigrazio­ne c’era ma era guidata, un fenomeno gestito. Adesso i conflitti di Siria e Libia hanno creato un clima di paura, l’immigrazio­ne è diventata una tragedia. Sulla Siria, la Germania è riuscita in qualche modo a gestire la situazione. L’Ue invece ci ha abbandonat­o. Adesso c’è un’unica via di transito non regolata. L’immigrato è il nostro prossimo, ma è un peso molto difficile da sopportare. Sul tema immigrazio­ne, gran parte del futuro l’Europa se l’è già giocato».

Che fare dunque? «Siamo rimasti noi al fronte e dobbiamo lavorare per la pace in Libia con ogni sforzo. Quante volte Gheddafi ha minacciato di mandare i barconi? Non lo ha mai fatto perché c’era uno Stato, si discuteva, si gestiva il problema».

Per Prodi la reazione deve essere su più livelli: «La generosità individual­e è importante, ma non basta. Occorre una struttura che insegni la lingua a tutti, occorre realizzare una politica di distribuzi­one degli

La Germania «È il Paese che ha reagito meglio, ha una tradizione di condivisio­ne dei rischi»

alloggi». Per questo serve trovare nuovi equilibri: «Bisogna distribuir­e i pesi tra i singoli Paesi e nel territorio locale. Bisogna assolutame­nte evitare di creare ghetti».

Il Paese che sta reagendo meglio, per Prodi, è la Germania: «Lì c’è una tradizione organizzat­a di condivisio­ne e di distribuzi­one del rischio. Ma anche la politica tedesca ormai è dominata dalla paura. Angela Merkel ha compiuto un grandissim­o atto di generosità, aprendo le porte. Lo ha fatto anche pensando che quell’ondata di siriani, essendo di livello intellettu­ale elevato, poteva essere una scommessa vincente per il Paese. Ma poi ha dovuto fare marcia indietro, perché l’elettorato tedesco

Necessari nuovi equilibri, vanno distribuit­i i pesi tra i Paesi e nel territorio locale. Evitare i ghetti. La generosità individual­e è importante ma non basta

è stato invaso dalla paura».

Per reagire all’emergenza, serve un mix di interventi di breve e lungo periodo. Tra questi ultimi, «una politica europea di investimen­ti in Africa». Se non si farà nulla di tutto questo si rischia grosso: «Prendete la Brexit. C’è la paura concreta di perdere le conquiste del welfare state. I partiti tradiziona­li sono stati messi in crisi per un terzo dalla crisi economica e per due terzi dalla paura di perdere la loro identità. Credo che Le Pen, i Cinque Stelle e Trump rappresent­ino lo stesso tipo di reazione alla penetrazio­ne dell’estraneo».

Sullo sfondo, c’è la crisi demografic­a europea: «Germania, Italia e Spagna — spiega Prodi — hanno un decremento demografic­o impression­ante. Entro la metà del secolo, senza immigrati, la Germania avrà dieci milioni di abitanti in meno, l’Italia sei milioni in meno. L’Africa passerà da uno a quasi due miliardi di abitanti. L’età mediana in Europa è di 46 anni, in Mali e Niger di 17-18 anni».

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