Il genio nostrano e la spazzatura E fu così che nacque la Cassonett Art
Èstata l’estate della spazzatura. Per Roma e molti luoghi d’Italia. Dopo anni di attenzione altalenante, i mucchi di monnezza sono oggetto di attenzione generale, articoli di giornali, servizi tv, infinita documentazione visiva sui social network. Però — però — bisogna pensare positivo, e capire che l’Italia sta tornando alla sua vocazione di apripista della creatività e sta rinascendo grazie alla Cassonett Art. E alle sue installazioni diffuse sul territorio. Tutti noi abbiamo le nostre distese di cassonetti prefe- rite. C’è chi preferisce lo spontaneismo barocco che prevale a Roma e Napoli, rifiuti sparsi, montarozzi eclettici, metafisiche solitudini di lavatrici abbandonate, performances di gabbiani emuli di Marina Abramovic. C’è chi si compiace del nuovo concettualismo — chiamarlo «arte povera» sarebbe fuorviante, visti i costi dello smaltimento dei rifiuti da noi — espresso da molti Comuni virtuosi. E così si ammirano con orgoglio patriottico operazioni artistiche più ordinate. Come quella che genialmente reinventa la piazza del Duomo di
Dallo spontaneismo barocco di Roma al concettualismo dei bidoni a Orvieto
Orvieto. Il viaggiatore che arriva si avvia verso la scalinata che porta alla piazza, e viene conquistato dalla fila di bidoni della spazzatura allineati lungo l’antico muro in tufo; che fanno da spiazzante pendant al lato della chiesa in marmo bicolore. Salendo, si incontra un’installazione purtroppo solo estiva (ma niente paura, ne mettono di continuo): una grande tensostruttura bianca — ironicamente contenente banchi di «prodotti tipici» — che sdrammatizza una delle piazze più emozionanti del mondo. E provoca lo spettatore, lo invita alla riflessione grazie a un’altra fila di bidoni neri, lunga come la facciata del Duomo, quasi (quasi; forse l’anno prossimo creeranno in piazza il Labirinto dei Cassonetti, si pagherà per vederlo, ovvio).