Riforma dei contratti, l’ostacolo dei metalmeccanici
La vertenza delle tute blu frena la trattativa tra Confindustria e sindacati. La spinta del governo
Il governo Renzi vuole accelerare sulla riforma della contrattazione che darebbe prevalenza al contratto aziendale su quello nazionale. Ma la svolta è ostacolata dalla vertenza dei metalmeccanici che blocca la trattativa fra Confindustria e sindacati.
Il governo si è impegnato a realizzare nel 2016 la riforma della contrattazione allo scopo di favorire l’aumento della produttività. Sta scritto, tra l’altro, nel Programma nazionale di riforme inviato ad aprile all’Unione europea. E la commissione Ue ricorda tale impegno nella sua lettera di raccomandazioni all’Italia dello scorso 13 giugno. La riforma darebbe più argomenti a Matteo Renzi per ottenere quei 10 miliardi di flessibilità di bilancio per il 2017 che consentirebbero di far quadrare la manovra aumentando il deficit dal previsto 1,8% del Pil al 2,4%. Solo che accelerare è molto complicato per come si sono messe le cose tra governo e parti sociali.
L’esecutivo ha sempre tenuto una posizione sintetizzabile così: la riforma la facciano le parti sociali, ma senza far passare troppo tempo altrimenti interveniamo noi con una legge che, appunto, stabilisca la prevalenza del contratto aziendale su quello nazionale sia in materia di organizzazione del lavoro che di salario. Tanto più che è intenzione del governo di potenziare gli sgravi sul salario aziendale (aliquota del 10%) nel 2017. L’ipotesi Il presidente del Consiglio Matteo Renzi con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia è di allargare la platea dei lavoratori beneficiari aumentando il tetto di reddito da 50mila a 80mila euro e il tetto del salario aziendale agevolato da 2.500 a 4mila euro.
Confindustria, Cgil, Cisl e Uil non riescono a trovare un accordo. Non solo le posizioni sono distanti, ma finché non si sblocca la vertenza dei metalmeccanici non si creeranno le condizioni favorevoli. Il presidente della Confindustria incontrerà i vertici di Cgil, Cisl e Uil il primo settembre. Basterà il pressing del governo a sbloccare la situazione?