Pressing Usa su Bruxelles «Pronti a reagire su Apple se la Ue non cambia rotta»
Adesso a difesa delle multinazionali Usa c’è anche un White Paper, cioè un Libro bianco, del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti che in 26 pagine inviate a Bruxelles denuncia le indagini dell’Antitrust europeo sugli accordi fiscali dei colossi americani con alcuni Paesi Ue: «Questo cambio di
Concorrenza La Commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager. Ha in mano il dossier su Apple
approccio — scrive Robert Stack, segretario aggiunto al Tesoro e autore del rapporto — sembra estendere il ruolo della direzione generale della Concorrenza della Commissione Ue a quello di un’autorità fiscale sovranazionale», minacciando così gli accordi internazionali sul piano fiscale. E dunque «il dipartimento americano del Tesoro continua a valutare risposte potenziali nel caso in cui la Commissione resti sull’attuale rotta». Per settembre è attesa la decisione Ue sul caso dell’accordo tra Apple e Irlanda, che avrebbe concesso aliquote vantaggiose che rischiano di essere considerate aiuti di Stato illegali. Tesi rifiutata sia da Dublino sia da Cupertino. Ma se dovesse passare la linea Ue, Apple rischia di dover versare miliardi di tasse arretrate (secondo JpMorgan nell’ipotesi peggiore si tratterebbe di 19 miliardi di dollari). Sotto la lente della commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager sono finiti anche gli accordi di Amazon e Fiat con il Lussemburgo e di Starbucks con il Belgio. La replica di Bruxelles è asciutta. La Ue non ha «pregiudizi contro le compagnie Usa», spiega un portavoce: «Tutte le imprese, indipendentemente dalla loro nazionalità, se generano profitti in un Paese europeo, dovrebbero pagare le tasse in accordo con le leggi fiscali nazionali». Già a febbraio la diplomazia Usa si era mossa. In una lettera il segretario al Tesoro Usa Jack Lew aveva scritto al presidente della Commissione europea JeanClaude Juncker lamentando che Bruxelles «impone delle sanzioni retroattive sulla base di una nuova interpretazione degli aiuti di Stato», spingendosi a dire che la Ue «sembra puntare alle imprese americane in modo sproporzionato».