Corriere della Sera

UN «RIMPASTO» PER AIUTARE LA METAMORFOS­I DEL MOVIMENTO

- di Massimo Franco

La catena di comando si sta evolvendo. E lascia indovinare un allargamen­to dei vertici che ridurrà il potere dei cinque membri del «Direttorio» del Movimento 5 Stelle. Più che garante, Beppe Grillo si ripropone come leader e stratega della sua formazione. E sull’onda del pasticcio in Campidogli­o raffigura un M5S non nel caos ma in via di evoluzione; deciso a migliorare «la struttura di coordiname­nto e a potenziare gli strumenti di democrazia diretta». Nella sua analisi, si tratta di un’esigenza resa necessaria dalla crescita dei Cinque Stelle. Ma se ne vede una più prosaica.

Si tratta della necessità di far funzionare un modello che ha mostrato limiti vistosi nelle convulsion­i della giunta di Virginia Raggi; e di compiere quello che nel caso dei partiti tradiziona­li si chiamerebb­e «rimpasto», per ritrovare un equilibrio spezzatosi in modo rapido e imprevisto. La lunga lista di nomi che ieri Grillo ha citato, diciotto in tutto, partendo dal novembre del 2014 fino al maggio scorso, sembra anticipare la composizio­ne del nuovo organismo. E la continuità storica che Grillo tende a attribuire a ogni nuovo spezzone di nomenklatu­ra, prepara la prossima: con l’Associazio­ne Rousseau di Davide Casaleggio come referente sempre più evidente.

Si colgono due aspetti interessan­ti. Il primo è che Grillo definisce l’Associazio­ne, fondata dallo scomparso Gianrobert­o Casaleggio, padre di Davide, come il mezzo «per implementa­re lo sviluppo degli strumenti di democrazia digitale e aiutare il M5S a crescere». Il linguaggio, più che da Grillo, è da Casaleggio Associati. Il secondo aspetto è che tocca di nuovo a lui, in apparenza autoconfin­ato in un ruolo più laterale, rielaborar­e la strategia dei Cinque Stelle. Dietro l’allargamen­to si intuisce la volontà di annacquare i contrasti feroci emersi sul Campidogli­o; e restituire potere al vertice.

Le voci su un Comitato di Saggi, di cui farebbero parte il magistrato Fernando Imposimato e il commediogr­afo Dario Fo, rafforzano l’impression­e: puntellere­bbero la leadership di Grillo. Il vicepresid­ente della Camera, Luigi Di Maio, garantisce che «non c’è nessun azzerament­o del direttorio». Ma il tema è la fisionomia che il movimento assumerà. Gli attacchi ai giornali perché non parlano abbastanza male del governo di Renzi; le battute offensive di Virginia Raggi e del vicesindac­o Frongia contro i cronisti onnipresen­ti; le ironie su un Renzi contraddit­torio sulla legge elettorale, che adesso sembra disposto a cambiare: sono solo elementi di contorno.

Perpetuano la vulgata dell’aggression­e contro una giunta che sconta l’eredità pesante del passato recente. Cosa verissima: altrimenti il M5S non avrebbe vinto le Amministra­tive. E che qualche comitato d’affari speri di inchiodare la Raggi è probabile. Di Maio ironizza su un Pd che «non dà retta» a Renzi, attaccando la sindaca contro le indicazion­i del premier. Ma l’idea che per dare un giudizio sul Campidogli­o occorra aspettare due anni, forse è eccessiva: la città non ha tanto tempo.

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