Lady Gaga ritorna «Basta eccessi, tolgo la maschera»
«La mia faccia era una maschera e non volevo deludere i fan Sono matura per una vera svolta» Ritorno della popstar dopo tre anni di assenza: un nuovo album e il remake di «È nata una stella»
Less is more. Meno è meglio. Niente più maschere, niente più eccessi. E un disco in arrivo (uscirà in autunno) in cui, rivela Lady Gaga, «ci saranno molte cose personali raccontate attraverso i testi e la musica». Eccola Mother Monster: minuta, l’incarnato pallido ma luminoso, i capelli biondi raccolti in uno stretto chignon. Ispira tenerezza, non c’è niente in lei della virago che si presentò agli Mtv Video Music Awards del 2010 col vestito di carne firmato dall’artista-designer Franc Fernandez (prontamente eletto da Time miglior prodotto fashion dell’anno), arrampicata su vertiginose zeppe coordinate.
Da «Born This Way» (2011) a «Artpop» (nel 2013 non proprio un successo) e «Cheek to Cheek» (2014) con Tony Bennett, il percorso artistico di Stefani Joanne Angelina Germanotta sembra procedere per sottrazione. «Per alcuni il trucco è una maschera, per me era diventato il mio volto. Dover affrontare tutti i giorni le aspettative degli altri — quello che gli altri si aspettavano che io fossi — è stato duro. Oggi mi sento bene nella mia pelle, posso condividere me stessa con gli altri, senza nascondere chi sono».
Il principale produttore del disco che verrà è Mark Ronson. Lui e Gaga ci hanno lavorato per circa sei mesi e hanno potuto contare su numerose collaborazioni: Beck, Father John Misty, Kevin Parker dei Tame Impala, il produttore di Justin Bieber, BloodPop, e Florence Welch. «Il primo giorno in studio con Mark ho pianto, ero sopraffatta dall’emozione — ricorda la cantante —. È un produttore di straordinario talento, mi ha accettato in toto, con le mie tristezze e i miei fallimenti». Tra le collaborazioni di Ronson, la più nota è forse quella con Amy Winehouse, con cui creò il cult album «Back to Black». Il «fattore Amy» ha in qualche modo influenzato il vostro lavoro? «Amy era la famiglia di Mark, sul loro legame artistico ci sarebbe molto da raccontare. Ma questo è un segreto tra me e lui. Quello che posso dire è che non dimentico mai quanto era meravigliosa, unica, e quanto io l’abbia ammirata. La mia generazione è stata definita dalla sua musica».
Lei sostiene di «aver messo una parte della mia rabbia più profonda, del mio cuore spezzato» nel nuovo disco. «La vera terapia per combattere il dolore è la musica. Credo che ognuno abbia dentro di sé delle oscurità, e che ci siano vari livelli di buio. Per esempio, nel mio personaggio in “American Horror Story” (in cui interpreta la Contessa, ruolo che le è valso il Golden Globe come miglior attrice in una serie televisiva, ndr), a cui ho lavorato durante la registrazione dell’album, c’è moltissima rabbia». Ride: «E comunque, la migliore terapia è urlare dentro a un cuscino!». Mentre è incerta la sua partecipazione alla sesta stagione della serie tv, conferma che Bradley Cooper la dirigerà nel remake del musical A Star is Born, di cui la popstar scriverà anche alcune canzoni.
A proposito di canzoni: giovedì scorso è uscito il suo nuovo singolo, «Perfect Illusion», e sui social è scattata la corsa al commento. «Troppe persone pensano che agli altri interessi la loro opinione. È facile urlarsi addosso in un’arena, sarebbe meglio parlare guardando l’interlocutore negli occhi». Eppure il 24 agosto scorso ha usato proprio Twitter per esprimere la sua vicinanza alle persone colpite dal terremoto in centro Italia, e per far sapere che avrebbe fatto una donazione a favore delle vittime. «È
stata una tragedia che mi ha spezzato il cuore. Sono fiera delle mie origini italiane, ho voluto dare il mio supporto».
C’è spazio per un’ultima domanda prima dei saluti: che reazioni si aspetta dal nuovo album, e come lo etichetterebbe? «Vorrei che il pubblico pensasse a me come a una 30enne di New York che ha realizzato un disco con alcuni dei musicisti più dotati del mondo, che hanno abbracciato senza riserve la mia voce. Ho lavorato ininterrottamente, ho suonato il piano, la chitarra... Non saprei come etichettarlo, ma poi le etichette a che servono? Sono solo pratiche, ma la musica, questa mia musica, rispecchia quello che io sono oggi. Perché questo è il punto: la forza della musica è che appartiene a me come a qualsiasi altra persona al mondo che ascolta in quel momento, senza barriere di lingua, razza, religione».
I social network Ormai sono pieni di urlatori che pensano di avere in tasca la verità, pronti a sparare giudizi