Quelle esenzioni sull’uscita anticipata e il conto per il governo Ecco i criteri
Nonostante tre mesi e mezzo di incontri, «politici» e «tecnici», «formali» e «informali» tra governo e sindacati su come intervenire su pensioni e mercato del lavoro, le parti non si sono ancora scambiate alcun testo. Per questo, dice il segretario della Cgil, Susanna Camusso, «non capisco come si possa parlare di accordo il 21 settembre», quando ci sarà il prossimo vertice politico con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini. Oltretutto, aggiunge Camusso, le risorse che il governo ha messo sul tavolo sono insufficienti. «Insufficienti? Ne discuteremo», replica Poletti. Il leader della Uil, Carmelo Barbagallo insiste: «Servono almeno 2,5 miliardi», mentre il governo difficilmente arriverebbe a due. Punta all’accordo il 21, invece, il segretario Cisl, Annamaria Furlan, perché i contenuti della discussione sarebbero abbastanza dettagliati.
In realtà, anche i minimi dettagli sono importanti, per esempio, per determinare se l’Ape, l’Anticipo di pensione (si potrà chiedere dal compimento dei 63 anni) verrà utilizzato da una platea più o meno ampia. Con la definizione della cosidetta Ape social, quella che non comporterà una riduzione della pensione, si può per ora individuare un’area limitata (alcune decine di migliaia di persone all’anno, secondo i sindacati) dove l’anticipo dovrebbe risultare sicuramente conveniente. Si tratta di quattro categorie: disoccupati senza più ammortizzatori sociali; lavoratori disabili; con familiari disabili; lavoratori che svolgono mansioni molto gravose che dovranno essere individuate dall’Inail, l’Istituto per gli infortuni