Mattarella da Sofia chiede all’Europa «soluzioni stabili» per l’immigrazione
Disegna l’immagine di un continente tramortito e, anzi, inerte, sotto il peso di diverse crisi ed emergenze. Un’Unione che non sembra in grado di essere arbitra del proprio destino proprio quando dovrebbe invece dare una forte prova di esistenza in vita, come si dice, rilanciandosi. Ecco la deriva d’impotenza alla quale Sergio Mattarella non si rassegna e che vorrebbe fosse al più presto contrastata. Con fatti precisi e su fronti specifici. Prendiamo l’ultimo negoziato tra Mosca e Washington, che ha imposto un’attesissima e quasi insperata tregua in Siria: è un dossier che ci riguarda più di quanto magari si crede. Infatti, spiega, «nel momento in cui Russia e Stati Uniti sono protagonisti di un dialogo su un Paese come quello, da dove tra l’altro hanno origine molti dei flussi migratori, l’Ue non può essere solamente spettatrice. Occorre semmai che, attraverso il concreto rilancio della politica estera e di sicurezza europea, possa diventare una coprotagonista». Non è l’unico esempio che il presidente della Repubblica fa, per lanciare un appello che testimonia, da Sofia, dov’è in visita di Stato, la sua inquietudine di europeista. Ad aver messo
sotto choc Bruxelles, aprendo incognite irrisolte, c’è pure l’esito del referendum inglese. «L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue è stata una sorpresa. Personalmente mi rammarico per la scelta, ma la rispetto. Ora, se è chiaro che il Regno Unito rimane una nazione amica per tutti, la Brexit richiede però che ci siano i tempi necessari, ma non oltre quelli, per fare chiarezza nei rapporti con l’Unione». Certo, aggiunge, «il contraccolpo ha aperto una riflessione profonda sullo Stato dell’Unione, sia sui ritardi esistenti che sulle iniziative urgenti da assumere». Tuttavia, non dobbiamo lasciarci paralizzare. Per lui, come segno di fiducia nel futuro, «va ribadita al più presto la validità e l’importanza dell’allargamento ai Paesi dei Balcani occidentali», dalla Serbia all’Albania, al Montenegro. Sarebbe il modo per colmare certi passi mancanti della costruzione comune e «far comprendere» a quelle comunità che la prospettiva di una loro cooptazione «non è interrotta né congelata». Ultimo capitolo dell’analisi geopolitica che il capo dello Stato ha condiviso in un lungo colloquio con l’omologo bulgaro Rosen Plevneliev (foto sopra), l’emergenza migratoria. Entrambi, in sintonia, sollecitano «un’azione coordinata, sistemica e complessiva da parte di Bruxelles», così da arrivare a «soluzioni stabili». Perché, sillaba Mattarella, «il fenomeno va governato prima che diventi ingovernabile». Vale a dire che serve — «ma subito», insiste — un programma di gestione comune «sull’asilo e, insieme, su un superamento del Trattato di Dublino in grado di definire nuove regole per tutti». A partire dalle «politiche su ricollocamento e rimpatri e definendo anche accordi europei di riammissione». Bruxelles qualche pezzo di strada l’ha compiuto, ma con troppa timidezza.
Ingovernabile «Il fenomeno va governato prima che diventi ingovernabile — ha sillabato il capo dello Stato — con un programma comune sull’asilo»