Corriere della Sera

L’archeologa della frutta

In Umbria salva le colture a rischio estinzione «Ecco il mio giardino gioiello con 440 piante»

- Fabrizio Caccia

Ma dove mai sarà finito, il fico rondinino di San Sepolcro, di cui parlavano gli antichi manuali? E la pera carovella? Niente, anche lei non si trova più. Estinta? Speriamo di no. Comunque sia, c’è solo una persona in questo mondo che, pazienteme­nte armata di forbici e coltello, non ha ancora sospeso le ricerche e batte a palmo a palmo gli Appennini con la segreta convinzion­e che un giorno riuscirà nell’impresa di ritrovare proprio quel fico e quella pera.

Si chiama Isabella Dalla Ragione e per sua stessa definizion­e è un’archeologa delle piante e degli alberi. «Archeologi­a arborea» è anche il nome che ha dato al piccolo paradiso in cui vive, sopra il paesino di San Lorenzo di Lerchi, nell’Alta Valle del Tevere, in Umbria, quattro ettari di bosco e quattro di frutteto, con 440 piante e 150 varietà di frutti che sembravano estinti e invece sono stati salvati. Da suo

Sull’Appennino Isabella Dalla Ragione va a caccia di fichi e pere di cui si legge nei manuali antichi

padre e da lei.

Benvenuti nel giardino degli alberi perduti, felice cornucopia dove se la godono come matti uccelli, scoiattoli, lepri e caprioli che ogni giorno vengono qui a fare colazione o merenda con la «mela a muso di bue», la «pera fiorentina», il «fico gigante degli zoccolanti», la «ciliegia limona» e la «susina scosciamon­aca». Alzi la mano chi ha mai trovato questi frutti in un negozio oppure al supermerca­to.

Abbiamo detto «archeologa» perché Isabella Dalla Ragione — e prima ancora suo padre Livio, scomparso nel 2007 — va in cerca delle sue remote piante non solo scarpinand­o su e giù per la Valnerina. Lei s’avventura nei poderi abbandonat­i, si spinge fin dentro agli orti chiusi dei conventi. Eppoi spulcia negli archivi dimenticat­i, consulta i vecchi manuali latini di agricoltur­a, legge Columella, Varrone, Plinio. Ha riconosciu­to la mela «a muso di bue» addirittur­a nei quadri cinquecent­eschi di Dürer e Pinturicch­io. E ha trovato la «pera fiorentina» dipinta sulle volte della Palazzina Vitelli a Città di Castello o di Palazzo Bufalini a San Giustino.

Ma Isabella parla pure coi contadini. E impara: fu un certo Angelo, un anziano coltivator­e di Città di Castello, a segnalarle la presenza nel suo podere della «mela a culo d’asino» mai vista. E la signora Sergia, di Pietralung­a, l’informò che lei invece aveva la «pera fiorentina» originale. Così, munita di forbici da potatura, Isabella andò, tagliò i rametti giovani su cui erano nate le gemme e da febbraio a marzo le tenne custodite in frigorifer­o. Poi venne finalmente il tempo dell’innesto e — «grazie alla vecchia mai superata tecnica assiro-babilonese», scherza — adesso la «pera fiorentina» brilla nel suo inimitabil­e frutteto, di cui l’altro giorno ha parlato anche il New York Times.

Eh sì, perché «Archeologi­a Arborea» negli anni è cresciuta molto: nel 2014, insieme alla Fao, a Bioversity Internatio­nal e all’Università di Perugia, è stata creata una fondazione che porta proprio il suo nome e ha come scopo quello di preservare quest’incredibil­e museo naturale a cielo aperto.

Il successo è internazio­nale: divi del cinema come Gerard Depardieu e Bill Pullman, Anna Galiena e Valeria Ciangottin­i hanno visitato il podere di San Lorenzo (Pullman ci ha passato tre giorni a lavorare) e ciascuno ha adottato una pianta (la «pera ‘mbriaca» per Depardieu) lasciando poi un’offerta per il futuro dell’arborea collezione. A questa favola contadina il regista Yung Chang ha dedicato un film, presentato nel 2012 al Festival di Berlino. Titolo perfetto: The

L’allarme «Il guaio è che oggi l’agricoltur­a industrial­e vuole poche varietà e grandi quantità»

Fruit Hunters. I cacciatori di frutti. Isabella e suo padre.

«Il guaio — osserva, con una punta d’amarezza, l’agronoma-archeologa — è che l’agricoltur­a industrial­e oggi vuole solo poche varietà e grandi quantità. Così sul mercato trovi tre tipi di mele (Golden, Stark, Rome Beauty), tre tipi di pere (Abate, William e Conference) e poi basta. A chi vuoi che interessi la pera fiorentina da cuocere? Chi le mangia più le pere cotte? O le pere palombine col baccalà? E le pesche sanguinell­e in salamoia? Forse, non sono abbastanza fashion...».

Prendete il «fico fiorone dei frati zoccolanti»: può arrivare a pesare 600 grammi, è una delizia di colori e profumi «eppure — aggiunge triste Isabella — ai giorni nostri non viene proprio considerat­o». Nessuno lo desidera più sulla sua tavola. Tragico errore, imperdonab­ile dimentican­za. Il futuro del frutteto, in attesa di più corposi sostegni, è assicurato per ora dalle api di San Lorenzo («io le tratto come principess­e...», conclude lei) che condividon­o con la terra e il sole il compito supremo dell’impollinaz­ione.

 ??  ?? 1 2 3 4 5 Chi è Isabella Dalla Ragione (nella foto grande di Varya Lozenko) è, per sua stessa definizion­e, archeologa delle piante e degli alberi. Nell’Alta Valle del Tevere dove vive, in Umbria, ha 4 ettari di bosco e di frutteto, con 440 piante e 150 varietà di frutti che sembravano estinti e invece sono stati salvati da lei e da suo padre. Ha chiamato questo piccolo paradiso verde «Archeologi­a arborea». Nelle foto in alto, alcune delle sue piante1Le pere zucchelle 2Il frutteto di Isabella Dalla Ragione in autunno 3Diversità di susine 4La lagenaria (detta anche zucca del pellegrino) 5Le pesche sanguinell­e 6Amarene sull’albero 7Aceri campestri maritati alla vite 6 7
1 2 3 4 5 Chi è Isabella Dalla Ragione (nella foto grande di Varya Lozenko) è, per sua stessa definizion­e, archeologa delle piante e degli alberi. Nell’Alta Valle del Tevere dove vive, in Umbria, ha 4 ettari di bosco e di frutteto, con 440 piante e 150 varietà di frutti che sembravano estinti e invece sono stati salvati da lei e da suo padre. Ha chiamato questo piccolo paradiso verde «Archeologi­a arborea». Nelle foto in alto, alcune delle sue piante1Le pere zucchelle 2Il frutteto di Isabella Dalla Ragione in autunno 3Diversità di susine 4La lagenaria (detta anche zucca del pellegrino) 5Le pesche sanguinell­e 6Amarene sull’albero 7Aceri campestri maritati alla vite 6 7
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