«Milano non respinge nessuno: sta crescendo»
Carlo Capasa, presidente della Camera della moda, risponde allo stilista catalano Custo Barcelona «Sei giorni di sfilate sono un giusto compromesso. Qui la competizione è più tosta: abbiamo brand altissimi»
Sei giorni pieni e giornate come giovedì 22 settembre con 14 sfilate, dalle 9.30 alle 20.30, senza interruzione.
La settimana della moda non è ancora cominciata e già crescono i malumori attorno al calendario. Da New York, lo stilista Custo Barcelona manda a dire alla Camera nazionale della moda che sarebbe stato ben lieto di presentare la sua moda «più artigianale» a Milano, ma «praticamente mi hanno offerto di sfilare alle 7 di mattina», scherza. «Per quanto ne so, non è arrivata alcuna richiesta recente del signor Barcelona. L’ultima risale al 2010», ribatte il presidente della Camera Carlo Capasa.
Quindi, vuole invitarlo? «Se lo vorrà, valuteremo insieme l’orario come si fa sempre. Ovviamente, la nostra politica è quella di inserire nuovi brand negli spazi disponibili. E faccio presente che alle 9.30 sfila anche un marchio del calibro di Bottega Veneta». La sensazione però è che un programma tanto fitto rischi di penalizzare pure le griffe affermate, oltre a costringere gli addetti ai lavori a numeri di circo. «Per il momento mi pare che tutti si trovino bene tanto è vero che abbiamo tre nuovi inserimenti: Giamba, Ricostru e Wunderkind. Cerchiamo di dare il massimo della disponibilità». Giorgio Armani, però, ha chiesto di essere spostato, rompendo la tradizione della chiusura. A febbraio lo aveva detto: «Sono stanco di essere lasciato solo tra gli emergenti e quindi con i giornalisti che se ne sono già andati via. «Armani ha mostrato generosità — riprende Capasa —. Venerdì 23 ha preso il posto della sua Emporio, che per questa stagione sfilerà a Parigi. Il fatto che per tanto tempo abbia chiuso le sfilate è una prova della forza del brand: in Francia la chiusura è pur sempre riservata a Louis Vuitton».
Il presidente ne è convito: «Sei giorni sono la soluzione migliore per Milano. Noi siamo in mezzo a un calendario internazionale che prevede una settimana per città, senza sovrapposizioni. Ovvio: chi inizia può anticipare e chi finisce posticipare. Ma chi rimane a New York dieci giorni? Tutti lamentano il fatto di non poter sostenere le spese per un periodo troppo lungo».
Milano, però, si sente tallonata e rischia di perdere il suo primato. Reagire non significa anche aprirsi ai nuovi brand? «Anche noi facciamo crescere i giovani. Ogni 4-5 anni si afferma una nuova generazione di designer», continua Capasa citando De Vincenzo, Arbesser, Stella Jean e Msgm. «Qui la competitività è più tosta, ci sono griffe altissime. L’ultimo giorno è dedicato agli emergenti. Questo è un lavoro meritocratico. E se ce la fai qui, significa che sei davvero bravo».
Sfilerei a Milano, ma per me non c’è posto Custo Barcelona