Corriere della Sera

San Marino, parte il piano per ristruttur­are gli istituti

Per ricapitali­zzare addio al segreto bancario. Il ruolo del Fondo monetario e il progetto Irlanda

- Federico Fubini

Fra pochi giorni l’incontro con Pierre Moscovici, il commissari­o Ue agli Affari economici. Quindi le consultazi­oni con i vertici della Banca d’Italia e della Banca centrale, mentre il Fondo monetario internazio­nale continua a offrire la sua assistenza tecnica. Mai come nella fase che si sta aprendo San Marino ha catturato tanta attenzione nella diplomazia finanziari­a internazio­nale e mai prima i progetti per trasformar­e il suo modello economico sono stati preparati con tanta cura.

Molto sta per cambiare, ma non solo per San Marino. Anche per l’Italia l’impatto si farà sentire.

Non c’è scelta, perché la situazione resta quella fotografat­a dall’Fmi a maggio scorso. I crediti inesigibil­i nelle banche della Rocca del Titano, per 1,9 miliardi di euro, valgono quasi una volta e mezzo il reddito del Paese. Il Fondo monetario nota che gran parte dei prestiti finiti in default erano stati concessi dalle banche di San Marino a

Prestiti in default Gran parte dei prestiti in default sono stati concessi a debitori esteri, soprattutt­o italiani

debitori «esteri» (cioè principalm­ente italiani) e risultano concentrat­i nel settore dei «servizi»: attività a volte opache e spesso sostenute da garanzie deboli.

Se ne saprà di più entro gennaio: al vertice della banca centrale sono arrivati due economisti provenient­i dalla Banca mondiale, lo svizzero-egiziano Wafik Grais come presidente e l’italiano Lorenzo Savorelli nel ruolo di direttore generale. I due, come raccomanda­to dall’Fmi, stanno per lanciare una revisione in profondità della qualità degli attivi della banche, delle loro pratiche di gestione e su quanto abbiano rispettato le regole su trasparenz­a e riciclaggi­o. L’esame sarà affidato a Boston Consulting Group e produrrà due risultati: tirerà fuori dagli armadi scheletri anche italiani, e darà la misura del capitale di cui hanno bisogno le banche. Una prima stima approssima­tiva è di 500 milioni di euro, oltre il 35% del Pil sanmarines­e.

Sulla Rocca, in Europa e a Washington il punto fermo è che gli istituti di San Marino restano liquidi e pienamente operativi, ora e in futuro. Non si permetterà che la loro stabilità venga messa in dubbio. Lo stesso Fmi aveva indicato che alcune delle banche potrebbero avere bisogno anche di capitale pubblico, ma a questo punto non solo di San Marino: Fondo monetario e area euro possono offrire un contributo decisivo.

A San Marino lo si è capito e si prepara una trasformaz­ione che dovrà procedere con la ricapitali­zzazione delle banche. Il Paese dovrà abbandonar­e le pratiche opache, dal segreto bancario di fatto alla complicità nell’evasione. In contropart­ita San Marino è tentata dal modello irlandese di una tassazione di favore per le imprese che vi si stabilisco­no. Incluse le molte dall’Italia che ora saranno tentate di farlo.

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