«Per spingere i consumi più integrazione tra negozi e online»
Istat prospetta per i prossimi mesi un’economia stagnante. Ma il retail è in controtendenza. E può crescere ancora. A due condizioni. La prima: integrare la vendita online con quella in negozio. La seconda: continuare a lavorare sull’internazionalizzazione delle reti distributive.
Di questo si è parlato ieri a Cernobbio, sul lago di Como, al «retail summit» organizzato da Confimprese, associazione che raggruppa gli operatori di reti di distribuzione in franchising e dirette. Secondo un’indagine presentata dall’amministratore delegato di EY, Donato Iacovone, oggi il retail ha un valore di 900 miliardi di euro e si stima un’ulteriore crescita del 2,3% entro il 2020. La spesa del consumatore è aumentata dello 0,8% nel secondo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2015. Un risultato che — secondo il presidente di Confimprese Mario Resca — acquista un peso particolare in quello che finora è stato un anno all’insegna della deflazione. «Le nostre catene stimano di chiudere il 2016 con 2.000 aperture e circa 10 mila nuovi posti di lavoro in Italia, trend di crescita confermato anche per il 2017», ha detto Resca.
La ricerca di EY ha messo in evidenza la riduzione in questi anni della marginalità della grande distribuzione organizzata. Il fatturato della gdo dell’alimentare è passato dagli 84,4 miliardi di euro del 2011 agli 83,2 del 2014. Quello del non alimentare è sceso dai 12,9 ai 12,3 miliardi. In questo contesto per le catene del retail le vendite online e l’internazionalizzazione sono l’imperativo. In particolare, i mercati esteri in cui i prodotti italiani sono più richiesti sono gli Stati Uniti (+20%), la Spagna (+10,1%), la Germania (+10,6%) e l’India (+10,3%). Per quanto riguarda l’utilizzo dell’e-commerce, molto si può ancora fare. L’abbigliamento, per esempio, rappresenta il 32% di tutto l’e-commerce prodotto in Italia ma solo il 17% dei retailer dell’abbigliamento italiani offre servizi per chi vuole acquistare con un clic.