Salva la foresta sarda a rischio di finire in pellet
Studi scientifici? Macché studi! «Gli esperti bisogna pagarli e il Comune non ha soldi, siamo alla disperazione, coi disoccupati che vengono in municipio tutti i giorni. Non possiamo buttare soldi per gli studi», sbuffò il vicesindaco di Domusnovas Gianpaolo Garau spiegando che no, non si erano informati sui danni che avrebbero fatto disboscando la foresta di Marganai per dar lavoro a un po’ di forestali stagionali e fare pellets. Bene: dopo mesi e mesi di polemiche, come scrive con legittima soddisfazione su sardiniapost.it Pablo Sole, il cronista che per primo denunciò lo scempio ambientale, «l’ufficio legislativo del ministero per i Beni e le attività culturali ha spento le motoseghe ricordando un semplice concetto: l’area è sottoposta a vincolo e ogni intervento, esclusa la mera manutenzione boschiva, deve ottenere l’autorizzazione paesaggistica». Un documento che la Regione Sardegna, allora governata da Ugo Cappellacci, «non aveva nemmeno richiesto». Era convinta, come i vertici dell’Ente Foreste (7.000 dipendenti: una percentuale mostruosa rispetto agli abitanti: come se l’Italia intera ne avesse 250 mila), che non fosse necessario. Lo stesso sindaco Angelo Deidda, detto Angioletto, aveva garantito in un video su Youtube: «È solo legnaccia!». Una lettera dei tre docenti autori del piano di gestione del Sic (Sito Importanza Comunitaria), in realtà, era stata chiara sui rischi di radere al suolo (quello era il progetto) 540 ettari: «gravi alterazioni» al terreno, «riduzione della capacità ricostituiva della copertura vegetale», «incremento del ruscellamento e dell’erosione», «scomparsa di alcune delle specie»… Spiegò Francesco Aru: «Si tratta di uno degli ultimi esempi di foresta mediterranea spontanea cresciuta su rocce vecchie di 680 milioni di anni e sopravvissuto nei millenni agli errori dell’uomo… Una rarità assoluta». Su quel genere di roccia di tipo dolomitico, infatti, «per fare un centimetro di suolo ci vogliono mediamente 350 mila anni. Un processo lunghissimo. Se tu hai un tappeto di soli venti o trenta centimetri di terreno il taglio di un albero rappresenta uno stress… Figurarsi un disboscamento! Una volta che butti giù hai il deserto. Con tutto il rispetto per il sollievo dato ai disoccupati nella zona: vale la pena di distruggere un tesoro ambientale unico?». No, rispose appena arrivato il nuovo Sovrintendente ai Beni paesaggistici di Cagliari e Oristano Fausto Martino. E bloccò i tagli che avevano già ridotto in pellet 33 ettari. Polemiche a non finire. Ma aveva ragione lui.