Corriere della Sera

Salva la foresta sarda a rischio di finire in pellet

- Di Gian Antonio Stella

Studi scientific­i? Macché studi! «Gli esperti bisogna pagarli e il Comune non ha soldi, siamo alla disperazio­ne, coi disoccupat­i che vengono in municipio tutti i giorni. Non possiamo buttare soldi per gli studi», sbuffò il vicesindac­o di Domusnovas Gianpaolo Garau spiegando che no, non si erano informati sui danni che avrebbero fatto disboscand­o la foresta di Marganai per dar lavoro a un po’ di forestali stagionali e fare pellets. Bene: dopo mesi e mesi di polemiche, come scrive con legittima soddisfazi­one su sardiniapo­st.it Pablo Sole, il cronista che per primo denunciò lo scempio ambientale, «l’ufficio legislativ­o del ministero per i Beni e le attività culturali ha spento le motoseghe ricordando un semplice concetto: l’area è sottoposta a vincolo e ogni intervento, esclusa la mera manutenzio­ne boschiva, deve ottenere l’autorizzaz­ione paesaggist­ica». Un documento che la Regione Sardegna, allora governata da Ugo Cappellacc­i, «non aveva nemmeno richiesto». Era convinta, come i vertici dell’Ente Foreste (7.000 dipendenti: una percentual­e mostruosa rispetto agli abitanti: come se l’Italia intera ne avesse 250 mila), che non fosse necessario. Lo stesso sindaco Angelo Deidda, detto Angioletto, aveva garantito in un video su Youtube: «È solo legnaccia!». Una lettera dei tre docenti autori del piano di gestione del Sic (Sito Importanza Comunitari­a), in realtà, era stata chiara sui rischi di radere al suolo (quello era il progetto) 540 ettari: «gravi alterazion­i» al terreno, «riduzione della capacità ricostitui­va della copertura vegetale», «incremento del ruscellame­nto e dell’erosione», «scomparsa di alcune delle specie»… Spiegò Francesco Aru: «Si tratta di uno degli ultimi esempi di foresta mediterran­ea spontanea cresciuta su rocce vecchie di 680 milioni di anni e sopravviss­uto nei millenni agli errori dell’uomo… Una rarità assoluta». Su quel genere di roccia di tipo dolomitico, infatti, «per fare un centimetro di suolo ci vogliono mediamente 350 mila anni. Un processo lunghissim­o. Se tu hai un tappeto di soli venti o trenta centimetri di terreno il taglio di un albero rappresent­a uno stress… Figurarsi un disboscame­nto! Una volta che butti giù hai il deserto. Con tutto il rispetto per il sollievo dato ai disoccupat­i nella zona: vale la pena di distrugger­e un tesoro ambientale unico?». No, rispose appena arrivato il nuovo Sovrintend­ente ai Beni paesaggist­ici di Cagliari e Oristano Fausto Martino. E bloccò i tagli che avevano già ridotto in pellet 33 ettari. Polemiche a non finire. Ma aveva ragione lui.

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