«Catturandi», poliziesco vecchio stampo che scava nelle coscienze
Anche Rai Fiction scopre l’action civile, stile Distretto di polizia o R.I.S. e contro la mafia spedisce un’altra squadra d’élite della polizia. La Catturandi di Palermo arriva a un soffio dall’arresto del latitante Sciacca, ma deve accontentarsi del suo vice Toni Cannizzaro. Grande la delusione per il vice questore Palma Toscano (Anita Caprioli), che ha speso gran parte della sua carriera nell’inseguimento del boss.
Catturandi. Nel nome del padre è la serie in sei puntate coprodotta da Rodeo Drive e Rai Fiction, diretta da Fabrizio Costa e scritta da Luca Rossi e Alessandro Fabbri (Rai1, lunedì e martedì, ore 21.20). Palma è una brava poliziotta ma con una ferita mai rimarginata che condiziona la sua vita (riguarda la misteriosa morte del padre, eroe della polizia). A darle una mano, anche se apparentemente le brucia una promozione, arriva il vicequestore Valerio Vento (Massimo Ghini), mandato a Palermo per punizione dopo i fatti genovesi della Diaz. Nel cast ci sono poi Leo Gullotta (l’avvocato Mazzamuto) e Alessio Boni (Tito Vergani), un finanziere milanese che va in Sicilia per investire sulle pale eoliche, portandosi dietro la figlia Alina (Marta Gastini). Questa nuova lotta fra Stato e Mafia viene rappresentata in maniera un po’ schizofrenica: all’azione viene contrapposta la psiche (Palma ha subito un trauma infantile e ne parla con uno psicoterapeuta), l’indagine sul campo viene «frenata» dall’indagine interiore. Di questo ne risente il ritmo, con conseguenze sulla tensione narrativa. Massimo Ghini e Alessio Boni sembrano fuori ruolo: il primo recita in maniera quasi distratta, come se pensasse ad altro, il secondo, invece, è troppo compreso del ruolo con esiti discutibili (la scena in cui scappa dal ristorante con la figlia per non pagare il conto è ridicola). Catturandi è un poliziesco vecchio stampo, che vorrebbe utilizzare l’indagine anche per scandagliare l’animo umano.